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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'inchiesta / Palma di Montechiaro

"Reclutavano e sfruttavano i lavoratori": 16 indagati, fra i "caporali" anche degli agrigentini

I poliziotti della Squadra Mobile e il Nor dell’Arma dei carabinieri hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza a carico di alcuni imprenditori agricoli o proprietari terrieri anche di Palma di Montechiaro e Ravanusa

Gli operai venivano reclutati a Caltanissetta e a bordo di furgoni, in pessime condizioni di sicurezza, venivano accompagnati nelle campagne Nissene ed Agrigentine. Polizia e carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, hanno accertato che degli imprenditori agricoli o proprietari terrieri avrebbero sfruttato il loro lavoro. Di fatto, è stato scoperto un giro di intermediazione illecita, il cosiddetto caporalato, finalizzato al reclutamento di manodopera a basso costo da impiegare in condizioni, appunto, di sfruttamento. Il tutto profittando dello stato di bisogno dei lavoratori - in prevalenza stranieri - derivante dalle precarie condizioni socio-economiche. 

La Procura di Caltanissetta ha concluso le preliminari a carico sedici persone, imputate delle ipotesi di reato di attività di intermediazione illecita allo sfruttamento lavorativo e impiego di manodopera in condizioni di sfruttamento.

Le indagini, iniziate alla fine del 2020, hanno visto impegnati, per un lungo tempo, i poliziotti della Squadra Mobile e il Nor dell’Arma dei carabinieri. Al termine delle attività è stato possibile raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di alcuni imprenditori agricoli o proprietari terrieri del Nisseno e dell'Agrigentino, di Delia, Sommatino, Palma di Montechiaro e Ravanusa per la precisione. Le intercettazione delle conversazioni telefoniche degli indagati hanno consentito di appurare - è stato ufficialmente ricostruito - che gli intermediari intrattenevano frequenti contatti con gli imprenditori/proprietari terrieri per concordare il numero di lavoratori di cui necessitavano e il compenso da corrispondere. I caporali, poi, trattenevano una parte del salario - già evidentemente inferiore al salario minimo fissato dai contratti collettivi di categoria o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato - da loro stessi consegnato ai braccianti. L'inchiesta ha permesso anche di accertare la sussistenza degli altri indici di sfruttamento in materia di orario di lavoro, riposi, ferie e malattia. I lavoratori, inoltre, non sarebbero mai stati sottoposti a visite mediche obbligatorie, non avrebbero mai partecipato a corsi di formazione per il maneggio di sostanze nocive, come fertilizzanti o antiparassitari, ne avrebbero mai ricevuto dispostivi di protezione individuale.

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