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Tribunale / Naro

I due operai morti nello schianto alla Diga di Naro, i consulenti del pm in aula: "La catena era piena di ruggine"

Francesco Gallo e Gaetano Camilleri sarebbero precipitati da un'altezza di oltre trenta metri dopo essere stati calati su un imbuto con un cestello usato impropriamente come attrezzo di sollevamento. I due esperti della procura: "Il documento sui rischi era incompleto"

"La catena del cestello elevatore era piena di ruggine, lo stesso motore era funzionante ma non era stato manutenzionato". I consulenti della procura, gli ingegneri Antonio Barcellona e Alessandro Benigno, ricostruiscono in aula le ragioni che avrebbero provocato la tragedia avvenuta il 9 ottobre del 2017 alla Diga Furore di Naro dove morirono due operai dopo essere precipitati da un'altezza di oltre trenta metri.

Francesco Gallo, 61 anni e Gaetano Camilleri, 56 anni, dovevano eseguire dei lavori di manutenzione straordinaria in alcuni locali e sarebbero saliti su un "cestello di realizzazione artigianale e non omologato, utilizzato impropriamente come attrezzatura di sollevamento".

Gli imputati sono: Francesco Mangione, 55 anni, di Raffadali, operaio istruttore che avrebbe azionato con una pulsantiera il cestello che, anziché calare i due operai gradualmente fino ai locali dove avrebbero dovuto lavorare, precipitò per la rottura di un anello ossidato; Giuseppe Cacciatore, 63 anni, di Agrigento, ingegnere responsabile per la sicurezza sul lavoro nella diga; Pietro Francesco Antonio Di Benedetto, 68 anni, di Palermo, responsabile del servizio di prevenzione; Francesco Greco, 61 anni, di Santa Flavia (Palermo), delegato alla sicurezza sul lavoro; Luigi Plano, 53 anni, preposto alla Diga Furone e Biagio Sgrò, 63 anni, di Enna, responsabile del servizio di gestione infrastrutture del dipartimento regionale dell'Acqua e dei rifiuti di cui le due vittime erano dipendenti. 

In aula, al processo in corso davanti al giudice Manfredi Coffari, sono stati ascoltati i due consulenti della procura: la loro relazione è stata acquisita agli atti e la  deposizione è stata per questo abbastanza breve. I due ingegneri, tuttavia, hanno sottolineato alcune criticità. Innanzitutto quella legata alla catena del cestello elevatore che avrebbe provocato la tragedia rompendosi mentre i due operai venivano calati a 32 metri di profondità.

"Era ossidata, piena di ruggine" - hanno sostenuto. Dubbi anche sul motore con cui era stato azionato il cestello. "Era funzionante ma non è stato manutenzionato". Infine il documento di valutazione dei rischi, strumento ritenuto fondamentale nelle aziende dalla normativa in materia, è stato definito "inadeguato e non organico". 

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