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Lunedì, 29 Aprile 2024
Giustizia amministrativa

Vince concorso per dirigente archeologo ma viene “declassata”: dopo una lunga battaglia ottiene finalmente il posto

Il Cga dichiara inammissibile la richiesta di riesame, avanzata dalla Presidenza della Regione, del parere reso su un ricorso straordinario

Aveva regolarmente vinto un concorso pubblico, bandito dalla Regione siciliana, per la copertura di 70 posti di dirigente tecnico archeologo. Ma è stata inquadrata dalla Regione come funzionario di categoria D, con applicazione del trattamento economico corrispondente, in quanto, a dire dell’amministrazione, i vincitori del concorso non avrebbero potuto essere inquadrati nella terza fascia dirigenziale prevista della legge regionale 10/2000 perché entrata in vigore successivamente all’indizione della procedura concorsuale. Insomma un “declassamento” che non è stato gradito da un’agrigentina che aveva partecipato e vinto tale concorso.

La sua lunga battaglia cominciava nel 2005 con un ricorso straordinario al presidente della Regione: la donna impugnava il provvedimento di nomina chiedendone l’annullamento, nella parte in cui la Regione non aveva inquadrato la sig.ra V. C. nell’area dei dirigenti di terza fascia.

Su tale ricorso il Consiglio di giustizia amministrativa, con parere reso nel dicembre del 2007, si esprimeva favorevolmente ritenendo che il corretto inquadramento della signora “non poteva che essere proprio quello di dirigente di terza fascia”.

Inoltre, nel novembre del 2011, il presidente della Regione respingeva il ricorso straordinario richiamando una norma (l’articolo 9 del D. Lgs., n. 373/2003) che, a suo dire, lo autorizzava a decidere in maniera difforme al parere del Cga.

Nel 2012 l’agrigentina, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, contestava la suddetta decisione innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa. In particolare gli avvocati Rubino e Marino rilevavano, tra le altre cose, come l’applicazione della norma richiamata dal presidente della Regione avrebbe violato il principio di uguaglianza che deve essere garantito tra tutti i cittadini italiani: in questo caso, infatti, solo in Sicilia, un organo politico (presidente della Regione) avrebbe potuto decidere un ricorso in maniera difforme al parere reso dall’organo giudiziale.

Il Consiglio di giustizia amministrativa, ritenendo rilevante la questione sulla legittimità costituzionale della norma che autorizza il presidente a superare il parere dell’organo giurisdizionale, sospendeva il giudizio e trasmetteva gli atti alla Corte costituzionale.

Circa un anno fa la Corte costituzionale, condividendo le tesi dei legali, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 5, D. Lgs. n. 373/2003 (norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana) per contrasto con gli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione.

A seguito della suddetta sentenza della Consulta, che ha determinato il venir meno della facoltà per il presidente della Regione di discostarsi dal parere del Cga, l’appello della signora è stato accolto dallo stesso Cga.

In esecuzione della superiore pronuncia del Cga la Regione siciliana avrebbe dovuto procedere tempestivamente ad inquadrare l’agrigentina quale dirigente nei ruoli dell’amministrazione regionale. Ed invece, piuttosto che eseguire la suddetta sentenza, l’ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana ha invece richiesto al Cga un riesame delle risultanze (favorevoli alla ricorrente) del parere espresso in precedenza sulla vicenda in esame.

E ciò in quanto, secondo l’amministrazione regionale, l’esito risultante in sede consultiva e giurisdizionale amministrativa contrasterebbe con quello cui è pervenuta la giurisprudenza della Corte di Cassazione in diverse sentenze che hanno definito (in senso favorevole all’amministrazione) alcuni contenziosi promossi dinanzi al giudice del lavoro.

In riscontro alla suddetta richiesta gli avvocati Rubino e Marino evidenziavano l’inammissibilità della richiesta di riesame del parere proposta dalla Regione rilevando come, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la suddetta possibilità è riconosciuta soltanto nelle fattispecie nelle quali è esperibile il rimedio (a sua volta straordinario) della revocazione. Ipotesi, queste, non ricorrenti nel caso di specie, mentre nel caso in esame non sussiste né una obiettiva non conformità a diritto del parere, né un irrimediabile contrasto con un orientamento da ritenersi del tutto prevalente e consolidato, sussistendo invece solo una questione di diritto interpretata in modo differente dai diversi organi aditi.

Al termine di questa lunghissima battaglia il Cga ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame avanzata dalla Regione siciliana ritenendo che non possa ritenersi ammissibile una richiesta di riesame che trovi fondamento soltanto su una divergenza interpretativa di norme.

Per effetto di quest’ultima ulteriore pronuncia, la Regione siciliana dovrà procedere con la massima sollecitudine all’inquadramento della donna nel ruolo dirigenziale dirigente nei ruoli dell’amministrazione regionale, posto che in caso contrario la ricorrente potrà agire per l’esecuzione della sentenza presso le competenti sedi giurisdizionali.

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