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Giustizia amministrativa

"Ritrova reperti archeologici ma vuole un premio più alto": braccio di ferro legale lungo trent'anni finisce al Tar

La vicenda risale al lontano 1970, quando un agrigentino rinvenì alcuni resti durante un intervento di ristrutturazione. Gli eredi dell'uomo comunque potranno rivolgersi al Cga

Una lunghissima vicenda legale potrebbe aver trovato la propria conclusione al Tar di Palermo salvo, ovviamente, un nuovo ricorso al Cga. Al centro di tutto, dei preziosi rinvenimenti archeologici e un cospicuo premio per chi li ha scoperti per caso.

Andiamo con ordine.

Fine 1970: durante alcuni lavori di ristrutturazione di un immobile ad Agrigento, l'uomo rinvenì alcuni reperti archeologici e li segnalò alla soprintendenza, quasi 10 anni dopo gli viene riconosciuto un risarcimento da 46 milioni di lire, pari alla metà del valore dei beni scoperti e denunciati.

Da lì prende il via un lungo braccio di ferro con la Soprintendenza ai beni culturali, che perché l'uomo non accetta il premio e chiede piuttosto che il valore dei reperti venga ricalcolato con la nomina di una commissione ad hoc.

Commissione che però non si insedia, e così l'uomo non esita a fare ricorso al Tar, che dopo anni da ragione agli eredi, dato che l'autore iniziale di questa vicenda è nel frattempo deceduto. Il giudizio arriva dinnanzi al Cga (che da di nuovo ragione agli eredi) e alla Cassazione.

Scatta quindi (e nel frattempo siamo già negli anni 2000) una nuova diffida a Soprintendenza e Assessorato ei beni culturali per nominare un tecnico che si occupasse di stimare il valore dei reperti, ottenendo poi ancora una volta per sentenza l'individuazione di un tecnico.

A questo punto (siamo nel 2012) prima che potesse effettivamente mettersi al lavoro il collegio di esperti, la Soprintendenza provvede a redigere una perizia e la consegna al Tribunale.

Da qui prende il via un nuovo percorso legale, con i ricorrenti che hanno chiesto l’annullamento della relazione presentata, tra le altre cose, per mancanza di un contraddittorio tra le parti anche se, rileva proprio il Tar, non contestano la stima in sè dei reperti. 

Il Tribunale amministrativo regionale, tuttavia, alla fine ha ritenuto che il ricorso fosse infondato, e che il tecnico nominato non avesse obbligo di confrontarsi con altri esperti in contraddittorio, pertanto il ricorso è stato respinto e gli eredi condannati a pagare 2mila euro di spese legali.

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