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Lunedì, 29 Aprile 2024
Omicidio / Raffadali

"Poliziotto uccise figlio violento dopo l'ennesima aggressione": il caso approda in appello

Il 58enne Gaetano Rampello, reo confesso del delitto del 24enne Vincenzo, in primo grado è stato condannato a 21 anni di reclusione: i giudici lo hanno scarcerato dopo la sentenza denunciando la madre del ragazzo per falsa testimonianza

Il 23 ottobre davanti ai giudici della seconda sezione della Corte di assise di appello di Palermo: riparte il processo a carico di Gaetano Rampello, 59 anni, poliziotto in servizio al reparto mobile della Questura di Catania, che ha confessato l'omicidio del figlio ventiquattrenne Vincenzo. 

I giudici della Corte di assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, lo scorso 31 gennaio lo hanno condannato a 21 anni di reclusione e alcune settimane dopo lo hanno scarcerato, sostituendo la misura con gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico.

I giudici hanno accolto l'istanza del difensore, l'avvocato Daniela Posante e ritenuto che le esigenze cautelari si fossero attenuate anche in ragione "dell'atteggiamento collaborativo che induce ad escludere il rischio di fuga". Lo stesso legale si è rivolta alla Corte di assise di appello impugnando la sentenza e chiedendo un'ulteriore riduzione di pena.

Tensioni fra familiari prima del processo

Rampello, secondo la sua stessa confessione, avrebbe esploso 14 colpi della sua pistola di ordinanza contro il figlio violento e con problemi psichici che da anni lo picchiava e gli estorceva soldi. La Corte, che adesso lo ha scarcerato, ha escluso le aggravanti della premeditazione e riconosciuto le attenuanti generiche e della provocazione che hanno consentito di contenere molto la pena. 

L'omicidio è avvenuto il primo febbraio in piazza Progresso, a Raffadali, dove i due si erano dati appuntamento perchè il ragazzo avrebbe preteso 30 euro. In quella circostanza il ventiquattrenne, secondo il racconto dell'imputato, avrebbe strattonato il padre costringendolo a consegnarli altri soldi. Rampello, secondo quanto lui stesso ha ammesso, dopo essere stato aggredito ha estratto l'arma e gli ha sparato alle spalle consegnandosi poi ai carabinieri a una fermata del bus. 

Dietro l'omicidio c'erano anni di violenze e sopraffazioni da parte del giovane al padre, alimentati dai problemi psichici del ragazzo, che viveva insieme a uno zio in un clima conflittuale fra gli stessi genitori che si erano separati con ripetuti contrasti. 

Il pubblico ministero Elenia Manno aveva chiesto la condanna a 24 anni. "Non è stato un omicidio d'impeto - aveva detto - ma ha premeditato il gesto andando, probabilmente, a prendere la pistola in caserma prima dell'appuntamento. Tuttavia ha subito anni di violenze e sopraffazioni ed è stato l'unico che ha provato ad aiutarlo contrariamente alla madre del ragazzo che è venuta qua a testimoniare sminuendo e negando i problemi psichiatrici". 

I giudici, tuttavia, hanno escluso la premeditazione. L'imputato dovrà risarcire l'ex moglie, l'ex cognato e l'ex suocera che si sono costituiti parte civile con l'assistenza degli avvocati Alberto Agiato e Pietro Maragliano. Tuttavia la madre e lo zio del ragazzo sono finiti sotto inchiesta per falsa testimonianza: la Corte, ritenendo che abbiano mentito o siano stati reticenti, ha trasmesso gli atti alla procura. 

Il procedimento, salvo la richiesta di trattazione orale della difesa o del procuratore generale, si tratterà senza la presenza delle parti. 

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