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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Crack Pelonero, no definitivo della Cassazione: "Imprenditore non andava arrestato"

Arriva il primo pronunciamento della Suprema Corte che dichiara inammissibile il ricorso della Procura che aveva chiesto i domiciliari per Diego Sferrazza: il 5 febbraio saranno discusse le altre 9 posizioni

Ricorso inammissibile: è arrivato, poche ore dopo l'udienza in Corte di Cassazione, il verdetto definitivo: l'imprenditore Diego Sferrazza, 51 anni, indagato nell'ambito dell'inchiesta sul crack milionario del gruppo Pelonero, non andava arrestato.

I giudici ermellini hanno dichiarato innammissibile il ricorso dei pubblici ministeri Alessandra Russo e Paola Vetro che, dopo l'annullamento dell'ordinanza di arresto da parte del tribunale del riesame, chiedevano di ripristinare gli arresti domiciliari. La decisione è arrivata in tarda serata, alcune ore dopo la discussione in aula nella quale il difensore dell'imprenditore, l'avvocato Daniela Posante, aveva sostenuto l'insussistenza del quadro indiziario e delle stesse esigenze cautelari, chiedendo, quindi, di dichiarare innammissibile il ricorso.

Conclusione, nella sostanza analoga (con la differenza tecnica della richiesta di rigetto anzichè di inammissibilità), anche da parte della procura generale. Definitivo, quindi, il no all'arresto per il cinquantenne imprenditore ritenuto, insieme al padre Gaetano e al fratello Gioachino, uno dei promotori dell'associazione a delinquere che avrebbe svuotato le imprese del gruppo secondo il sistema classico della bancarotta.  

"Non siamo in presenza - hanno scritto i magistrati della Procura nel ricorso - di un'attività estemporanea e occasionale ma ad uno schema sistematico di svuotamento delle imprese e di distruzione della documentazione per occultare il patrimonio".

L'ordinanza cautelare, firmata dal gip Luisa Turco ed eseguita dalla Guardia di Finanza il 30 luglio, ha chiuso il cerchio di un'indagine lunga cinque anni e coordinata dal procuratore Luigi Patronaggio. Il sistema ipotizzato dagli inquirenti è quello classico che emerge nei casi di bancarotta: i componenti della famiglia Sferrazza con il supporto della loro commercialista avrebbero creato delle società - operanti perlopiù nel settore della vendita di casalinghi, giocattoli o articoli per la casa - con l'obiettivo di portarle al fallimento pilotato, facendo sparire i fondi che venivano sottratti a fisco e fornitori.

Ai domiciliari erano finiti Gaetano Sferrazza, 78 anni; i figli Gioachino, 54 anni con la moglie Maria Teresa Cani, 54 anni e i figli Gaetano e Fabiana, 29 e 26 anni; lo stesso Diego, 51 anni con la moglie Giovanna Lalicata, 51 anni e i figli Clelia e Gaetano, 23 e 28 anni e la commercialista Graziella Falzone, 53 anni: quest'ultima avrebbe indicato agli Sferrazza, che gestivano il gruppo di aziende, le soluzioni tecniche da adottare per "svuotarle".

Il tribunale del riesame, al quale si sono rivolti i difensori (gli avvocati Daniela Posante, Antonella Arcieri, Giovanni Castronovo, Chiara Proietto, Santo Lucia, Salvatore Falzone e Giacinto Paci), tre settimane più tardi, ha annullato l'ordinanza ritenendo insussistente l'accusa di associazione a delinquere senza entrare nel merito dei fatti di bancarotta, ritenuti troppo datati per ritenere attuali le esigenze cautelari e, quindi, giustificare gli arresti.

La prima posizione trattata è stata quella di Diego Sferrazza ed è arrivato il no definitivo all'arresto, il 5 febbraio toccherà a tutte le altre. Le aziende del gruppo, al momento, sono tutte gestite dagli amministratori giudiziari e restano sotto sequestro. 

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