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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Raciti, Speziale parla dal carcere di Agrigento: "No a violenze in mio nome"

E' proprio nella casa circondariale "Petrusa" di Agrigento che il giovane sta scontando la pena per l'omicidio dell'ispettore capo di polizia Filippo Raciti. L'intervista rilasciata al quotidiano "Il Tempo"

Parla dal carcere "Petrusa" di Agrigento Antonino Speziale, il giovane tifoso condannato per l’omicidio dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti, avvenuto a Catania il 2 febbraio 2007, durante gli scontri avvenuti fuori dallo stadio in occasione del derby col Palermo. E' proprio nella casa circondariale di Agrigento, infatti, che il giovane sta scontando la sua pena.

Speziale è tornato alla ribalta per la scritta sulla maglietta di Gennaro "a carogna", il boss della curva del Napoli con cui le forze dell'ordine avrebbero "trattato" allo stadio "Olimpico" di Roma per la finale di Coppa Italia. Antonino, che la scorsa settimana in carcere ha incontrato suo padre Roberto, ha risposto alle domande girate dal quotidiano "Il Tempo" al difensore, Giuseppe Lipera. 

"Sono dispiaciuto moltissimo per il tifoso napoletano ferito e per gli scontri fuori dallo stadio" dice rispondendo alle domande del giornalista Alberto Di filippo raciti-2Majo. "Non conosco Gennaro De Tommaso, però so che anche a Napoli è stato presentato il libro 'Il caso Speziale: cronaca di un errore giudiziario', scritto da Simone Nastasi, che spiega nei particolari la mia vicenda processuale. Ho visto la partita e ho provato emozione nel leggere il mio nome sulla maglietta dell'ultrà napoletano, perché significa che ci sono tante persone, oltre alla mia famiglia e ai miei avvocati, che credono che io sia innocente. Un'emozione che, tuttavia, è stata turbata dai resoconti giornalistici che mi hanno descritto come un cinico assassino. Gli ultrà non sono né la mafia né delinquenti. Sono persone, per lo più giovani, che amano tifare per la propria squadra".

"La mia vicenda processuale – dice ancora Speziale rispondendo alle domande de 'Il Tempo' - la conoscono milioni di italiani che si sono presi la briga di seguirla. Quindi molti sanno della mia innocenza, non solo io. Sono stato accusato di aver colpito l'ispettore Raciti usando a mo' di ariete una lamiera, un 'coprilavello'. Non è così. Io quell'arnese l'ho lanciato in aria ma non ha colpito nessuno". 

L'intervista integrale su "Il Tempo" a firma di Alberto Di Majo >>>

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