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Lunedì, 29 Aprile 2024
Giustizia amministrativa

Azienda citata nelle intercettazioni del blitz "Xydi" riceve interdittiva antimafia: il Cga annulla tutto

Due componenti della società vennero nominati da alcuni arrestati per alcune presunte "messe a posto", ma senza alcun coinvolgimento nell'inchiesta: il Tar in primo grado aveva dato ragione alla Prefettura

Due soci vengono citati in una conversazione intercettata durante le indagini per un blitz antimafia, società viene cancellata dalla white list ma la giustizia amministrativa ribalta tutto.

La vicenda riguarda un'impresa nel settore delle riparazioni meccaniche e noleggio mezzi che a fine ottobre 2021 ricevette un'interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Agrigento. Nel provvedimento era il responsabile dell'ufficio territoriale del Governo “che sussistono tentativi di infiltrazione mafiosa nei confronti della Società" e veniva quindi revocata l’iscrizione della società dall’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti al tentativo di infiltrazione mafiosa. Un provvedimento cui seguì poi la decisione anche dell'Anac di cancellazione dell'impresa dalla white list. 

Tutto scaturiva dall'inchiesta del cosidetto blitz "Xydi": dalle intercettazioni agli atti dell’indagine, si evinceva infatti che alcuni soggetti coinvolti nell'inchiesta "parlavano anche di due soci della Società" anche se, dicono i giudici amministrativi, "gli stessi non avevano mai preso parte ad alcuna riunione ed il tenore delle frasi intercettate avrebbe escluso la sussistenza degli elementi di fatto idonei a giustificare il provvedimento interdittivi". Già a luglio del 2011, la società era stata tra l'altro destinataria di un provvedimento di “informazione supplementare atipica” emesso dalla stessa Prefettura di Agrigento per il "presunto ruolo di uno dei soci chiamato in causa dalle intercettazioni per alcune presunte 'messe a posto'” che venne però revocato nel 2016.

La società presenta quindi ricorso dinnanzi al Tar, che però respinge il ricorso ritenendo che il quadro indiziario che “emerge dalle intercettazioni – valorizzato dalla Prefettura in maniera non illogica – si presenta sufficientemente circostanziato e tale da comprovare una certa familiarità dei due soci con detti ambienti malavitosi e con il sistema delle cosiddette 'messe a posto'”.

Di tutt'altro parere adesso il Cg (che lo scorso anno aveva già sospeso l'effetto della sentenza di primo grado), che ha accolto il ricorso del privato ritenendo invece che "le risultanze delle intercettazioni disposte nell’ambito dell’indagine penale e che chiamano in causa due soci non sarebbero di univoca interpretazione e, comunque, dalle stesse sarebbe desumibile un atteggiamento che lungi dall’essere interpretato come collusivo dimostrerebbe l’estraneità della Società ad ogni logica spartitoria dei lavori pubblici". 

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