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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Violenza sessuale, omicidio, estorsione: scattano tre fermi

Si tratta di nigeriani accusati di traffico di esseri umani. Una testimonianza: "Hanno ucciso mio fratello. Picchiavano brutalmente e senza alcun motivo. Mi hanno legato le gambe e colpito con un bastone"

"Ha ucciso mio fratello e ha usato violenze anche su di me": è l'accusa mossa da una donna migrante, tra gli sbarcati lo scorso 16 aprile a Lampedusa, rivolta ad uno dei tre nigeriani fermati dalla squadra mobile di Agrigento, presunti trafficanti di esseri umani responsabili, secondo la polizia, di "gravissimi crimini".

La polizia ha eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo a carico di Godwin Nnodum, 41 anni, Bright Oghiator, 28 anni, e Goodness Uzor, 24 anni.

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Il racconto è agli atti dell'inchiesta aperta dalla Procura distrettuale di Palermo. Il giovane africano indicato dalla donna quale autore dell'omicidio del fratello avrebbe agito in quella circostanza, insieme ad un libico. "Gli africani, armati di fucile e vestiti in abiti civili, erano spregiudicati - racconta un altro testimone alla polizia - picchiavano brutalmente e senza alcun motivo i migranti. Personalmente - ricorda - sono rimasto vittima, in più occasioni, delle loro inaudite crudeltà. Una volta - dice - mi hanno legato le gambe e poi mi hanno picchiato ripetutamente con un bastone nella pianta dei piedi, procurandomi delle profonde lesioni e una frattura, tanto da impedirmi di camminare per tre mesi". 

La Squadra Mobile di Agrigento diretta da Giovanni Minardi, ha eseguito il provvedimento nel quale, a vario titolo, si contestano ai tre nigeriani, gravissimi crimini quali associazione per delinquere finalizzata alla tratta ed al traffico di esseri umani, sequestro di persona a scopo di estorsione, violenza sessuale, omicidio, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Reati aggravati dalla transnazionalità del reato, dalla disponibilità di armi, dal numero di associati superiore a dieci, dall’aver agito per futili motivi, dall’aver adoperato sevizie ed agito con crudeltà, dall’aver cagionato la morte in conseguenza di altro reato. 

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Le indagini della Procura palermitana sono state coordinate dal pm Calogero Ferrara. In particolare i pm Claudio Camilleri, Renza Cescon e Gaspare Spedale hanno sviluppato l'attività investigativa dalle dichiarazioni di alcuni migranti, rese note presso l'Hot Spot di Lampedusa.

Il personale della Squadra Mobile, coordinata dal vice dirigente Vincenzo Di Piazza, ha sviluppato l'attività investigativa tra Lampedusa e Agrigento, riuscendo a raccogliere tra i migranti diverse testimonianze ritenute attendibili, secondo cui i soggetti fermati sarebbero stati dei carcerieri presso una ex base militare, definita "Casa Bianca", sita nei pressi di Sabratah.

"In un'altra occasione, - prosegue la testimonianza - sempre gli stessi africani, mentre io ero intento a parlare con uno di loro, un ragazzo gambiano, un nigeriano, su ordine di un libico, mi ha versato della benzina addosso, e poi mi hanno dato fuoco". 

"Mio fratello, al rifiuto di potersi lavare per via un problema alla pelle, - prosegue il racconto - è stato vittima delle violenze patite da parte di un giovane africano, che ho poi rivisto all'interno di questo centro di accoglienza. Dopo tre giorni, a causa delle tremende ferite riportate su tutto il corpo, mio fratello moriva. Era il primo novembre 2016".

"Alcuni membri di quella organizzazione criminale, ragazzi africani, hanno picchiato fino alla morte almeno 5 migranti, tutti maschi. Ricordo che uno di questi è morto subito poiché gli hanno sparato, mentre gli altri quattro migranti sono stati picchiati brutalmente con il calcio dei fucili che li ha ridotti in fin di vita, in quanto sono morti, a causa delle ferite, dopo 2-3 giorni". 

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