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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il verdetto definitivo / Naro

"Uccise bracciante a bastonate insieme al marito e al figlio per uno specchietto rotto": condannata

La donna è stata riconosciuta colpevole pure di tentato omicidio ai danni della moglie di Costantin Pinau: l'agguato è scattato sotto casa della vittima dopo una lunga serie di litigi: la Cassazione conferma le aggravanti

Condannata a 22 anni per un omicidio a colpi di zappa, spranga di ferro e coltello. Si è concluso, con il secondo verdetto della Cassazione che chiude la vicenda, il processo a carico di Anisoara Lupascu, 42 anni, ritenuta colpevole dell'omicidio del bracciante 37enne Constantin Pinau.

La donna, secondo la ricostruzione dell'episodio, insieme al marito e al figlio, andò a vendicare l'ultimo dei tanti affronti subiti: la rottura dello specchietto dell'auto da parte di Pinau con cui avevano avuto svariati contrasti.

Il delitto sarebbe stato commesso insieme al marito Vasile Lupascu, 48 anni, e al loro figlio Vasile Vladut Lupascu, 23 anni, condannati a 30 anni nel troncone abbreviato.  

La donna è stata ritenuta colpevole anche di lesioni ai danni della moglie di Costantin, picchiata anche lei con dei bastoni nell'agguato in cui restò ucciso il marito. 

L'agguato, a colpi di zappa e spranga, consumato l'8 luglio del 2018, a Naro, sarebbe avvenuto mentre Costantin, insieme alla moglie, rimasta pure ferita nel tentativo di difendere il marito, e al figlio, stava rientrando a casa dopo un battesimo. L'omicidio, come accertato dai numerosi testimoni sentiti al processo, fu preceduto da continui litigi e aggressioni reciproche fino alla rottura di uno specchietto da parte di Pinau all'auto di Vasile Vladut Lupascu.

"La donna non ha partecipato all'agguato - aveva sostenuto il difensore, l'avvocato Diego Giarratana -, è arrivata dopo perchè le avevano detto che suo figlio era stato ucciso da Pinau". L'imputata dovrà pure risarcire la vedova e i figli di Constantin Pinau che si sono costituiti parte civile con l'assistenza degli avvocati Vito Cangemi, Francesco Scopelliti e Giovanni Salvaggio.

La vicenda è approdata per la seconda volta in Cassazione dopo che la stessa Suprema Corte aveva messo in discussione la sussistenza di due aggravanti ovvero la "minorata difesa" e la premeditazione adesso riconosciuti in maniera definitiva.

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