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Lunedì, 29 Aprile 2024
Corte di assise di appello / Palma di Montechiaro

"Strangoló e uccise 89enne per rapinarlo dei risparmi": chiesta condanna per la badante

Il pg propone la conferma del verdetto di primo grado con cui erano stati inflitti 23 anni di reclusione alla rumena Dana Mihaela Nicoleta Chita, 26 anni: la donna fu scoperta nel tentativo di disfarsi dell’auto dell’anziano

La conferma della condanna a 23 anni di reclusione per la rumena Dana Mihaela Nicoleta Chita, 26 anni, riconosciuta colpevole in primo grado di avere ucciso l'ottantanovenne Michelangelo Marchese, strangolato nella sua abitazione da dove sarebbero stati portati via i pochi risparmi e l'auto che teneva posteggiata per strada. E' stata chiesta al processo di appello dal procuratore generale.

Il magistrato che rappresenta la pubblica accusa ha chiesto il rigetto dell'appello difensore, l'avvocato Angelo Asaro, sostenendo che le prove raccolte nella fase delle indagini e nel dibattimento in primo grado confermano in maniera certa la responsabilità dell'imputata.

Il fiocco con cui sono stati legati alla sedia i polsi della vittima, anzichè il nodo, indirizzarono subito gli inquirenti su una donna.

Le confidenze fatte ad un amico, le intercettazioni in carcere, dove finì per un'altra vicenda, insieme all'analisi delle celle telefoniche che hanno ricostruito il percorso e, infine, il ritrovamento dell'auto della vittima che doveva essere fatta sparire da un ricettatore che, invece, l'ha tenuta hanno fatto il resto.

La donna fu fermata il 20 novembre del 2020 a distanza di alcuni mesi dell'omicidio avvenuto nella notte tra l'11 e il 12 luglio.

L'anziano non solo l'aveva ingaggiata come badante ma le aveva promesso che l'avrebbe sposata lasciandole l'eredità.

La donna, che avrebbe agito con altri complici non identificati, lo avrebbe strangolato e ucciso dopo averlo immobilizzato con del nastro adesivo sul quale sono state trovate tracce di dna.

Nell’abitazione dell’anziano, che fu trovato immobilizzato su una sedia dai vigili del fuoco, non c’era alcun segno di effrazione.

Il caso sarebbe stato risolto scoprendo la sparizione dell'auto dell'anziano che sarebbe stata rubata dalla donna salvo poi cercare di disfarsene. L’auto era stata consegnata a un pregiudicato, che avrebbe dovuto demolirla ma che, invece, decise di tenere per sè. L'anziano sarebbe stato ucciso per rubargli una vecchia utilitaria e pochi spiccioli.

La donna è stata pure condannata a risarcire i familiari dell'anziano che si sono costituiti parte civile con l'assistenza degli avvocati Vito Cangemi e Giuseppe Cacciatore. I legali, dopo la requisitoria, hanno illustrato la loro arringa chiedendo la conferma del verdetto. Dopo l'intervento del difensore dell'imputata, la Corte di assise di appello ha aggiornato il processo al 21 settembre per le eventuali repliche e la sentenza. 

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