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Lunedì, 29 Aprile 2024
Le rivelazioni

Messina Denaro ai pm: "Le mie amicizie arrivano ovunque e sulle stragi vi siete accontentati di mezze verità"

Depositato nell'udienza preliminare a carico di Laura Bonafede, maestra e amante del boss, l'interrogatorio del 7 luglio. "Mi sembra riduttivo dire che Falcone sia stato ucciso per 12 ergastoli al Maxiprocesso...". Il capomafia inoltre si vantava di aver vissuto da uomo "libero" anche a Palermo, dove si sarebbe pure fatto alcuni tatuaggi e sarebbe stato in cura da un dentista

"Mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del Maxiprocesso, se poi voi siete contenti di ciò sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa...". Affermava di dire "la verità", il boss Matteo Messina Denaro, spiegando ai magistrati che la strage di Capaci è "la cosa più importante, quella da dove nasce tutto, le stragi, l'input" e non certo perché "il giudice Falcone ha fatto dare 11 ergastoli, perché di 11, 12 ergastoli si trattava nel Maxiprocesso", soffermandosi anche sull'attentato di via D'Amelio, in cui fu assassinato Paolo Borsellino: "Perché vi siete fermati a La Barbera (Arnaldo, ndr), La Barbera era all'apice di qualcosa... Se fosse vivo ci sareste arrivati - chiedeva il mafioso ai pm - o vi sareste fermati un gradino prima?". La furbizia di Messina Denaro, il suo dire e non dire, il "tirare acqua al suo mulino" (cosa di cui accusa i pentiti) non erano mancati neanche nell'interrogatorio del 7 luglio scorso, che oggi è stato depositato nell'udienza preliminare a carico di Laura Bonafede, la maestra e amante per anni del boss. 

"A Palermo vivevo da uomo libero, ho amicizie ovunque"

Ma il capomafia - malato di tumore e a cui in quel momento restavano poco più di due mesi di vita - si vantava anche delle sue "amicizie" che "non è che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso, le mie amicizie erano ovunque", e del fatto di aver vissuto da uomo "libero", nonostante per tre decenni sia stato uno dei boss più ricercati al mondo: "Che vita facevo a Palermo? Libero come quella di Campobello - spiegava al procuratore aggiunto Paolo Guido e ai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, recluso al 41 bis nel carcere di L'Aquila - perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello (si riferisce al suo ultimo covo, ndr), ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile". Messina Denaro ha anche raccontato con spavalderia che, tra il 2006 ed il 2009, si sarebbe fatto alcuni tatuaggi nel centro di Palermo, dove sarebbe stato anche curato regolarmente da un dentista.

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"Cambio idea solo con basi solide"

Sin dal suo primo interrogatorio, il capomafia aveva detto che non avrebbe mai collaborato con la giustizia e questa è rimasta la sua linea fino alla morte, avvenuta il 25 settembre scorso, a 8 mesi dalla sua cattura. E il 7 luglio, sulla possibilità di parlare, diceva: "Non sono interessato", ma lasciando sempre una specie di spiraglio: "Nella vita mai dire mai" e "non sono stato mai un assolutista, non è che perché dico una cosa sarà sempre quella, nella mia vita ho cambiato tante volte idea", ma quasi chiedendo qualcosa in cambio per farlo, ovvero "con delle basi solide". Già nel primo interrogatorio i pm lo avevano invitato a pensarci, ma il 7 luglio Messina Denaro chiariva: "Sono alla fine della mia vita, ma il punto è che io non sono il tipo di persona - e mi creda che è la verità, non me ne può fottere più niente - non sono il tipo di persona che vengo da lei e mi metto a parlare dell'omicidio, per rovinare a X, Y, non ha senso nel mio modo, mi spiego?".

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"Sulle stragi non siete mai arrivati a certe cose..."

Sulle stragi il boss lascia intendere molte cose, ma alla fine non dice proprio nulla: "Ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del Maxiprocesso. Se poi voi siete contenti di ciò, ben venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa...". E "quello che sto dicendo è verità... Ognuno poi, nella vita... tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto sì qualche pezzo di verità, gli hanno fatto fare dei processi, va bene, ma ognuno ha portato acqua al suo mulino. Poi, se per portare acqua al suo mulino, dicono cose anche che possono coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto?". 

"Chiunque mi vuole bene, mai fatto rapine ed estorsioni"

Quel giorno ha anche chiarito ai pm: "Sono, diciamo tra virgolette, un mafioso per come mi considerate voi, un poco anomalo, non mi sono inimicato nessuno nel territorio, intendo il mio paese. Chiunque mi vuole bene. Lei stamattina pensava di trovare un Rambo, invece non ha trovato niente". E "io sono sempre stato in quello che voi ritenete mafiosità una garanzia per tutti. Non ho mai rubato niente a nessuno. Parlo del mio ambiente, non ho mai cercato di prevaricare, né in ascese di potere, né per soldi", aggiungendo che i soldi trovati a casa della sorella Rosalia (finita in carcere pure lei) "mi servivano per mantenermi" e quel "denaro trovato a mia sorella è sicuramente origine di mia madre perché erano soldi di famiglia, ovviamente se mia madre mi poteva aiutare mi aiutava". Sgombera poi il campo dagli equivoci: "Lei pensa che io uscivo a fare rapine o chiedere estorsioni? Non ho mai chiesto estorsioni a nessuno, non ho mai fatto traffici di droga, non ho mai fatto rapine. I soldi erano nella disponibilità della mia famiglia, mia madre ha sempre cercato di conservare e dare a tutti, specialmente a me". 

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"Mi avete preso solo per la malattia, nessuno mi ha tradito"

Non solo. Messina Denaro dice di non aver "mai distinto tra ricchi e poveri, ovviamente se dovevo frequentare una persona povera non ci andavo col Rolex per una forma di educazione, se invece ero per i fatti miei con persone come me non avevo problemi, cioè non avevo quella forma di annacamento, non volevo dimostrare niente". E come già aveva spiegato nel primo interrogatorio, anche a luglio aveva ribadito che "mi avete preso per il male se no non mi prendevate" e si era anche convinto che nessuno l'avesse tradito: "Con la mente ho ricostruito tutto come è stato il discorso, so che non c'è stato nessun traditore. La mattina che mi hanno arrestato la prima cosa che uno pensa è che qualcuno ha tradito. E' stato tradito Gesù Cristo... e allora il colonnello mi ha detto: 'Le assicuro che non l'ha tradita nessuno' e io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto: vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica". E aveva ripetuto: "Mi avete preso per la malattia o per un errore mio, dirlo a mia sorella. Perché gliel'ho detto? Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente". E' stato proprio per un pizzino trovato nel piede di una sedia a casa di Rosalia Messina Denaro che le indagini si sono concentrate sulla malattia del boss e sulla sua inevitabile esigenza di cure, fino a incastrarlo alla clinica La Maddalena, dov'era andato per la chemioterapia, la mattina del 16 gennaio dell'anno scorso.

"Ho una famiglia rovinata, lo Stato l'ha rasa al suolo"

Il capomafia non aveva poi nascosto il suo risentimento con i magistrati di Palermo: "Io ho una famiglia rovinata, ma alla fin fine quale colpa ho avuto io? Posso avere colpe personali: impiccatemi, datemi tutti gli ergastoli che volete, ma che la mia famiglia sta pagando da una vita questo tipo di rapporto con me, perché mi viene sorella o mi viene fratello...". E precisava: "Non sto facendo nessun atto di accusa, che mi avete distrutto una famiglia, rasa al suolo, ci sono dei sistemi che non vanno, lasciamo stare le condanne, ci sono dei sistemi che non vanno. Ora sento dire: case distrutte. Perché mia mamma che è? Latitante o mafiosa? La legge, lo Stato, gli ha distrutto la casa, i mobili fatti a pezzettini. Cioè dove lo volete trovare un dialogo, quando ci sono questi comportamenti?".

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