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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il caso / Grotte

Tre settimane in carcere per un errore, il tribunale: "Aveva diritto a chiedere una misura alternativa"

Il giudice dell'esecuzione rimette in libertà un cinquantunenne condannato a 2 anni e 10 mesi per minaccia, maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate: fino al 2019 non erano reati "ostativi"

Ventitré giorni in carcere per un errore giudiziario: la procura, che aveva firmato l'ordine di esecuzione della condanna a 2 anni e 10 mesi, non aveva tenuto conto che avrebbe potuto chiedere una misura alternativa, quale ad esempio la detenzione domiciliare o l'affidamento in prova ai servizi sociali.

Questo perché si tratta di un reato ostativo ovvero che non consente di ottenere benefici nemmeno se la pena è inferiore ai 4 anni. L'errore, tuttavia, sta nel fatto che questa disciplina è prevista solo per i reati commessi a partire dal 2019, quando è entrata in vigore la legge. In questo caso le condotte dell'imputato si fermavano al 2017.

Un cinquantunenne di Grotte, arrestato e finito in carcere il giorno dopo Capodanno, si è visto quindi notificare l'ordine di carcerazione ed è finito in cella.

Il giudice dell'esecuzione Nicoletta Sciarratta, al quale si è rivolto il difensore dell'uomo, l'avvocato Gianfranco Pilato, ha preso atto della circostanza e lo ha rimesso in libertà sospendendo l'ordine di carcerazione e dandogli la possibilità di chiedere una misura alternativa. 

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