rotate-mobile
La memoria che riaffiora

Morti in mare e dimenticati tra gli orrori della guerra che cancella amori, progetti e speranze: quei 27 ragazzi agrigentini ora hanno un nome

Erano a bordo delle navi affondate la notte del 28 marzo 1941 nella battaglia di Capo Matapan a sud della Grecia, durante la seconda guerra mondiale. Un lungo ed approfondito studio ha finalmente consentito di identificarli tutti. C’erano anche marinai di Palermo, Messina, Trapani, Catania, Enna, Siracusa e Ragusa. Persero la vita in tutto 355 siciliani

Il più grande di loro avrebbe compiuto 30 anni qualche mese dopo, altri erano poco più che ventenni, uno morì il giorno del suo 23esimo compleanno. Scrivevano lettere alle giovanissime fidanzate, avevano già progetti per sposarsi e e mettere sù famiglia appena rientrati a casa. O semplicemente speravano di riabbracciare al più presto genitori, fratelli e sorelle. 

Tutti sogni che s’infransero nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1941 nelle acque a sud della Grecia, tra l’isolotto di Gaudo e Capo Matapan. Una battaglia costata carissima al nostro Paese per l’esito disastroso e le ingenti perdite. Al termine dello scontro a fuoco, che vide schierarsi una squadra navale della Regia Marina italiana e la “Mediterranean Fleet” britannica, il bilancio fu tragico e davvero impari: a fronte di soli 2 morti inglesi si contrappose lo spaventoso conteggio di 2.318 italiani deceduti. Eravamo in piena seconda guerra mondiale e quell’episodio mostrò l’evidente inadeguatezza della Regia Marina nei combattimenti notturni.

Tra quei marinai finiti in fondo al mare c’erano 27 agrigentini che ora hanno un nome, un cognome e un’età anagrafica al momento della morte. Questo grazie ad una ricerca su scala regionale che ha coinvolto le 9 province siciliane e che ha consentito di identificarli tutti quanti. Così è stato messo a punto l’elenco definitivo. 

Festa della Marina militare, il comandante Serafino: “Tutti i nostri diritti e privilegi li dobbiamo a chi ha pagato con la vita”

Il lavoro per risalire all’identità dei marinai

Artefice di questa operazione di recupero documentale è stata l’associazione “Sicistoria” di Porto Empedocle di Calogero Conigliaro, presieduta da Giuseppe Todaro.

“E’ stato un lavoro davvero certosino e faticoso - spiega Todaro - riuscire a ricostruire ogni singolo momento di quella tragica notte e risalire all’identità di ogni singolo uomo che dopo la sfortunata battaglia di Matapan non tornò più a casa. Siamo partiti da una ricerca su base provinciale per poi estenderla a tutta la Sicilia prendendo in esame le 9 province. Abbiamo cominciato circa 10 anni fa grazie alla preziosa collaborazione dell’ammiraglio Claudio Confessore dell’ufficio storico della Marina militare italiana. Con lui, dopo un lunghissimo percorso di verifica, abbiamo finalmente messo a punto l’elenco definitivo contattando successivamente i sindaci delle città interessate: Agrigento, Realmonte, Licata, Menfi, Porto Empedocle, Siculiana, Palma di Montechiaro, Campobello di Licata, Sciacca, Castrofilippo, Ravanusa. 

E non nascondo la sorpresa ed il comprensibile dolore nell’apprendere che tutti quei morti a Capo Matapan erano giovanissimi, ragazzi con tutta la vita davanti, marinai di leva con madri e fidanzate che li aspettavano trepidanti nelle loro case".

Per non perdere la memoria del loro grande sacrificio e per renderli in qualche modo immortali, abbiamo reso noti tutti i loro nomi ed organizzato una manifestazione a tema per ricordarli uno per uno”. 

Giuseppe Todaro, presidente dell'associazione Sicistoria

Sono in tutto 355 siciliani. Messina è stata la provincia che ha pagato di più con 97 morti. Poi Trapani con 77 morti, Catania con 53, Palermo con 50, Agrigento con 27, Siracusa con 21, Ragusa con 13, Caltanissetta con 12 ed Enna con 5. 

I morti della provincia di Agrigento

Antonio Aronica di Ravanusa, 29 anni; Cesare Aronica di Licata, 24 anni; Michele Bruno di Menfi, 21 anni; Salvatore Cafà di Licata, 21 anni; Antonio Capizzi di Agrigento, 22 anni; Antonino Cassano di Licata, 22 anni; Calogero Corsini di Porto Empedocle, 21 anni; Pietro Cuffaro di Siculiana, 23 anni; Giuseppe D’Arpa di Palma di Montechiaro, 21 anni; Calogero Destro di Campobello di Licata, 21 anni; Gaetano Di Stefano di Porto Empedocle, 20 anni; Calogero Gaipa di Porto Empedocle, 21 anni; Gaetano Gangarossa di Porto Empedocle, 20 anni; Felice Guarraci di Agrigento, 25 anni; Accursio Indelicato di Sciacca, 21 anni; Salvatore Licata di Licata, 22 anni; Antonio Lo Bue di Castrofilippo, 21 anni; Salvatore Maniscalco di Sciacca, 23 anni; Carmelo Mantia di Ravanusa, 23 anni; Calogero Marchica di Porto Empedocle, 20 anni; Antonino Picarella di Siculiana, 23 anni; Lorenzo Pirrera di Agrigento, 23 anni; Calogero Piscitello di Realmonte, 21 anni; Salvatore Potenza di Porto Empedocle, 21 anni; Francesco Pumilia di Sciacca, 21 anni; Giuseppe Vecchio di Licata, 23 anni e Paolo Vella di Ravanusa, 23 anni.

Festa della Marina militare, ricordata l’impresa di Premuda: ecco a chi sono andate le medaglie al merito

La commemorazione

Venerdì 12 aprile alle 9,30 è stata organizzata una commemorazione a Porto Empedocle con la sede locale dell’Anmi, associazione nazionale “Marinai d’Italia” gruppo “Carmelo Sanfilippo”. Dopo l’accoglienza e il ricevimento dei partecipanti al Municipio in via Roma, alle 10,30 è prevista la celebrazione di una messa in chiesa Madre. Poi un corteo si dirigerà, alle 11,30, verso il monumento ai Caduti del mare con una corona di alloro scortata da un marinaio e da un socio dell’Anmi, in via Crispi. Alle 11,45 l’inizio della cerimonia con lo schieramento delle autorità civili e militari, l’alzabandiera, l’esecuzione dell’Inno di Mameli e la benedizione della corona. Seguirà una breve cronistoria degli avvenimenti a cura dei soci Anmi, uno dei quali leggerà anche una poesia. La manifestazione si concluderà con la lettura della “Preghiera del marinaio”.

La storia

Per risolvere il problema della guerra nei Balcani, la Marina italiana, già nel 1940, iniziò a pensare ad un attacco nel bacino orientale del Mediterraneo ai convogli inglesi che portavano uomini e mezzi in Grecia a loro supporto. Tale attività verrà sollecitata dai tedeschi tra il 13 e 14 febbraio 1941 con il convegno militare di Merano al quale l’ammiraglio Riccardi (capo di Stato Maggiore della Regia Marina) rispose negativamente giustificandosi per la notevole distanza dalle basi, per l’elevato consumo di carburante e per le difficoltà di copertura aerea.

All’intensificarsi del numero dei convogli inglesi, il rappresentante navale germanico a Roma, viceammiraglio Weichold, tornò ad insistere affinché fosse fatto qualcosa per interrompere o almeno danneggiare i traffici avversari ottenendo questa volta una a risposta positiva condizione che venisse garantito l’appoggio della Luftwaffe e della Regia Aeronautica.

Avendo avuto l’assicurazione sulla copertura aerea (risultata poi inadeguata), tra la sera del 26 e le prime ore del 27 marzo 1941 partì la flotta navale, guidata dall’ammiraglio Angelo Iachino, composta da una corazzata, 6 incrociatori pesanti, 2 incrociatori leggeri e 13 cacciatorpediniere che avrebbero dovuto eseguire due attacchi contemporanei a nord e a sud dell’isola di Creta. Nelle ore successive, avendo notato la mancanza di convogli nemici e l’indisponibilità dell’Aeronautica del Dodecaneso, portarono ad un cambio dei piani prevedendo l’attacco al solo sud dell’isola.

La mattina del 28 marzo un nostro ricognitore catapultato dalla nave ammiraglia, la corazzata Vittorio Veneto, avvistò nelle acque dell’isolotto di Gaudo (a sud di Creta) un gruppo di 8 navi inglesi, 4 incrociatori leggeri e 4 cacciatorpediniere. L’incontro tra queste portò alla battaglia ma successivamente, visto l’elemento sorpresa annullato e non avendo avuto ancora risultati positivi dalle artiglierie, la nostra flotta cambiò rotta per ritornare alla base. Durante la navigazione venne ancora sottoposta ad attacchi di velivoli inglesi che comportarono il danneggiamento della nave Vittorio Veneto. Questo episodio diede l’inizio del triste evento di Capo Matapan in quanto, durante gli scontri con gli aerei inglesi, venne colpito seriamente l’incrociatore pesante Pola verso il quale si diressero i primi soccorsi. Ma venne raggiunto prima dagli inglesi che lo affondarono con due siluri. Nel frattempo sopraggiunsero i soccorsi che, sottoposti a intenso attacco, vennero quasi tutti affondati.

Alla fine la sciagura fece conteggiare 2.318 morti e la perdita, nell’ordine, delle navi Pola, Fiume, Zara, Vittorio Alfieri e Giosuè Carducci. Gli inglesi conteranno solo la perdita di un aerosilurante e dei due piloti.

(Fonte ministero della Difesa - Marina militare).

AgrigentoNotizie è anche su Whatsapp. Seguici sul nostro canale.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

AgrigentoNotizie è in caricamento