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Appalti, droga e gioco d’azzardo: Cosa Nostra agrigentina si sta riorganizzando

Le "famiglie" della provincia sono "silenziose" ma - anche dopo gli arresti degli ultimi mesi - sono ancora forti. Lo rivela la relazione della Dia, relativa all'ultimo semestre del 2017

È ancora forte la mafia nell’Agrigentino. Cosa nostra nel territorio si sta “silenziosamente” riorganizzando, dopo gli arresti degli ultimi mesi e vive una fase di riassetto, all’insegna delle regole ancorate alla tradizione. È quanto emerge dalla recente relazione inviata dalla Dia al Parlamento e relativa all’ultimo semestre del 2017. Uno studio articolato sulla criminalità organizzata nel territorio, che riassume le ultime evoluzioni delle famiglie agrigentine, sempre in stretto collegamento con quelle palermitane, trapanesi e nissene.

Cosa Nostra si riorganizza

Dalle attività investigative e informative – si legge nella relazione - emerge come anche cosa nostra agrigentina stia vivendo una fase di riassetto degli equilibri interni, con disegni di rimodulazione delle articolazioni. Il riassetto – secondo la Dia – “è attribuibile, in primo luogo, ai numerosi arresti effettuati a seguito di operazioni di polizia, nonché ai decessi e alle scarcerazioni di uomini d’onore, i quali, tornati in libertà, hanno interesse a riprendere le loro posizioni di potere. Nella provincia, l’organizzazione continua ad essere strutturata su famiglie e mandamenti, la cui ‘competenza territoriale’ appare, ora, improntata ad una maggiore ‘fluidità’, determinata da convenienze di economia criminale”. 

La “Stidda” nell’Agrigentino

Per quanto riguarda, invece, la “Stidda”, - spiegano dalla Dia - pur rivestendo rispetto a cosa nostra un ruolo marginale, continua a conservare posizioni di rilievo nel contesto della criminalità organizzata agrigentina. Ad oggi è presente soprattutto nei territori di Bivona, Camastra, Campobello di Licata, Canicattì, Naro, Palma di Montechiaro, Favara e Porto Empedocle. Anche se segue una “politica di basso profilo”, la mafia agrigentina – chiariscono dalla Dia – “continua a manifestare dinamismo e una notevole potenzialità offensiva. Riflesso di questa strategia silente è l’infiltrazione del tessuto socio-economico in modo sempre più subdolo e pericoloso, riciclando ed investendo cospicui capitali, in Italia e all’estero, in svariate attività, come quella delle energie alternative o dello smalti- mento dei rifiuti”. 

Mafia e appalti

Attività tradizionale di cosa nostra è l’infiltrazione negli appalti pubblici, che avviene spesso attraverso turbative delle gare d’appalto, ma sempre più di frequente – precisano gli investigatori – “è esercitata anche nella fase esecutiva dei lavori, con l’imposizione alle ditte aggiudicatarie del pagamento di una somma di denaro, al fine di garantirsi il regolare svolgimento dei lavori, oppure con l’imposizione della fornitura di materie prime o della manodopera. Non è insolito l’inquinamento, per così dire, ‘a monte’ del processo imprenditoriale. Si registrano, infatti, anche casi in cui imprenditori compiacenti mettono a disposizione dell’organizzazione mafiosa la propria impresa, con i relativi requisiti economici e tecnici, al fine di turbare gare di appalto, o prestandosi a partecipare in Ati per conto di cosa nostra”.

Le estorsioni per il controllo del territorio

Come nel resto della Sicilia, anche nella provincia agrigentina, il controllo del territorio da parte dei clan si manifesta attraverso le estorsioni, precedute e supportate da intimidazioni e minacce di vario genere e spesso anche da danneggiamenti. In particolare, dalla Dia arriva la conferma che il racket colpisce imprenditori e operatori commerciali dei settori più diversi. “Sintomatici di una perniciosa cultura dell’illegalità - si legge nella relazione - sono anche gli episodi di intimidazione non direttamente riconducibili alla criminalità mafiosa e che, comunque, si registrano in provincia. Emblematica, in tal senso, è la situazione del comune di Licata, relativamente alla demolizione di diversi immobili abusivi, cui sono verosimilmente riconducibili gli atti intimidatori perpetrati ai danni del commissario straordinario di quel Comune, così come in precedenza avvenuto nei confronti del sindaco e di un dirigente comunale”.

Droga, scommesse online e gioco d’azzardo

Gli occhi della mafia agrigentina sono puntati anche sul mondo delle scommesse online e sulla gestione delle slot machine, all’interno degli esercizi commerciali. Anche nella provincia agrigentina si continua a registrare la presenza di organizzazioni criminali dedite all’attività di produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. “Non è inusuale individuare piantagioni di marijuana, specialmente nel licatese e nelle zone limitrofe, - precisano dalla Dia - che sono di sicuro interesse della criminalità organizzata. In merito, è significativo l’arresto, avvenuto il 4 ottobre 2017 a Liegi (Belgio), dalla polizia di quel Paese, di un soggetto ivi residente ma originario di Favara il quale, dalle risultanze dell’indagine ‘Up & Down’, è risultato capo e promotore di un sodalizio criminale che, avvalendosi anche di soggetti residenti all’estero o nel nord Italia, riusciva a far giungere a Favara ingenti quantitativi di cocaina e hashish”. La relazione, quindi, fa riferimento a quella lunga scia di sangue che collega l’Agrigentino al Belgio, legata al traffico internazionale di stupefacenti, ed al ritrovamento di veri e propri arsenali, con cui i clan cercano di riarmarsi.

L’ascesa di gruppi criminali stranieri

Nel panorama delinquenziale della provincia occupano, inoltre, un ruolo in ascesa i gruppi criminali stranieri, in particolare rumeni e maghrebini. Con il passare degli anni, la componente straniera è aumentata, acquisendo “margini operativi anche nelle zone a tradizionale presenza mafiosa, ove cosa nostra sembra tollerarle, permettendo loro di dedicarsi ad attività criminali di basso profilo, quali il trasporto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, del ‘lavoro nero’, il furto di materiale ferroso, le rapine, i furti in abitazione e lo sfruttamento della prostituzione”.

La mafia nella pubblica amministrazione

I clan della provincia, infine, cercano da sempre di insinuarsi nelle pubbliche amministrazioni. Nell’ambito delle attività di contrasto dell’infiltrazione mafiosa, la Dia segnala la proroga dei termini dell’accesso ispettivo nel Comune di Camastra, disposto a seguito degli esiti dell’operazione antimafia “Vultur”, del luglio 2016, che ha interessato la cittadina.

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