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Cronaca

"Nessuna cresta sui posteggi nella Valle", difensori all'attacco prima della sentenza

I legali degli imputati: "Al massimo si è trattato di un inadempimento contrattuale"

"Non solo non era stata messa in piedi alcuna associazione a delinquere ma non sussiste neppure la truffa, non ci fu alcun raggiro nei confronti del Parco e del Comune". Dopo la requisitoria del pubblico ministero Elenia Manno, che aveva già escluso alcune delle accuse contestate, i giudici della prima sezione penale, presieduta da Alfonso Malato, hanno dato la parola ai difensori degli imputati per le arringhe conclusive che si concluderanno il 12 dicembre, una settimana prima del verdetto. 

Il processo è quello scaturito dall'inchiesta "South park" che ipotizzava l'esistenza di una vera e propria organizzazione a delinquere, finalizzata a truffare il Comune e il Parco praticando la "cresta" sui parcheggi, di cui facevano parte l'attuale direttore del Parco archeologico Roberto Sciarratta, all'epoca - nel 2011 e nel 2012 - dirigente di un'Unità operativa, Maurizio Attanasio, altro funzionario responsabile del procedimento di concessione delle aree e quattro persone, ritenute responsabili della coop Lagana il cui "dominus" sarebbe stato Carmelo Vella che l'avrebbe gestita insieme ai figli Giuseppe e Sonia e al sessantanovenne Alfonso Zammuto. 

Secondo il magistrato della Procura il dibattimento ha escluso l'esistenza dell'associazione a delinquere e i responsabili del Parco "consentirono i raggiri per grosse negligenze ma senza il necessario dolo che serve per configurare l'associazione a delinquere, reato di cui sono imputati, o altre ipotesi come l'abuso di ufficio".

Nei loro confronti era stata chiesta l'assoluzione "per non avere commesso il fatto". Stessa richiesta, limitatamente all'accusa di associazione a delinquere, per i quattro responsabili della cooperativa Lagana. In definitiva erano state chieste le condanne, per la sola accusa di truffa, per gli altri 4 imputati: un anno e sei mesi per Carmelo Vella, un anno per i figli e Zammuto.

Questa mattina i legali degli imputati (fanno parte del collegio difensivo gli avvocati Olindo Di Francesco, Antonino Casalicchio, Daniela Posante, Grazia Marchese, Antonella Arcieri, Pierluigi Cappello e Salvatore Maurizio Buggea) sono passati all'attacco. In particolare sono state trattate le posizioni dei Vella e di Zammuto.

La Lagana, riconducibile a Carmelo Vella e ai figli Giuseppe e Sonia, in particolare – secondo l’ipotesi della Procura – violando le procedure previste dal bando e la convenzione stipulata fra il Comune e il Parco, avrebbe omesso di informatizzare la gestione del parcheggio, utilizzando le park card e applicando prezzi maggiori in modo da trattenere la differenza alla luce pure del fatto che il Parco avrebbe dovuto incassare una percentuale. Contestata anche la mancata corresponsione del canone annuo di 10 mila euro.

"La mancata informatizzazione - hanno detto i difensori - era stata autorizzata dallo stesso Parco". L'avvocato Olindo Di Francesco, difensore di Carmelo Vella, ha spiegato che: "Il mancato pagamento del canone è stato dovuto alle maggiori spese sostenute e le eventuali imprecisioni nella numerazione delle park card non erano finalizzate a fare la cresta ma solo ad evitare che i posteggiatori, dipendenti della coop, potessero truffare l'imputato".

Sulla figura di Giuseppe Vella è stato fatto rilevare dalla difesa che "non emerge mai una sua partecipazione attiva nella gestione della società e in ogni caso non si comprende quali possano essere stati gli artifizi e raggiri che costituiscono la truffa. La mancata informatizzazione? C'era un'espressa autorizzazione. Il mancato versamento del canone? Al massimo sarebbe un inadempimento contrattuale".

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