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Cronaca

"Sostituzione di persona e tentata truffa", Corte di appello: "non ha commesso il fatto", assolta direttrice Aci

In primo grado, Giuseppina Danile era stata condannata alla pena cinque mesi di reclusione oltre che, in favore della donna che si era costituita parte civile, al pagamento di cinquemila euro

"Non ha commesso il fatto". E' con questa formula - pienamente liberatoria - che la Corte di appello di Palermo, accogliendo le richieste degli avvocati Maria Lina Faraci e Basilio Milio, in riforma della sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Agrigento, ha assolto Giuseppina Danile, 50 anni, direttrice Aci. Danile, che era stata accusata di tentata truffa e sostituzione di persona, non dovrà pagare - la Corte d'appello si è pronunciata per la revoca di quanto disposto dal giudice di primo grado - i 5.000 euro alla parte civile costituitasi con l'avvocato Francesca Picone. 

Nel giudizio di primo grado, Danile era accusata di aver tentato di richiedere un finanziamento di 15.000 euro a nome di una donna, con indicazione del proprio Iban dove ricevere l’accredito. Accusa che scaturiva da una denuncia contro ignoti presentata dalla donna nel marzo del 2014, per essersi vista recapitare una richiesta di finanziamento avanzata all’Agos Ducato mediante compilazione di un modulo on line, a proprio nome e con allegata la patente di guida e con il numero del conto corrente della Danile dove il finanziamento sarebbe dovuto confluire.

"Apre finanziamento usando le generalità di una donna", condannata direttrice Aci

Giuseppina Danile - ricostruiscono gli avvocati di fiducia - all'epoca dei fatti era impiegata del Pra (Pubblico registro automobilistico) medesimo ufficio dove lavorava e lavora tutt’ora anche la denunciante. Danile nonostante avesse respinto le accuse, provando di non essere lei l’autore della richiesta di finanziamento nonostante fosse stato indicato il conto corrente, ma di essere anch’essa vittima di actiocriminis da parte di ignoti, era stata condannata dal giudice monocratico, Giuseppe Sciarrotta, alla pena cinque mesi di reclusione oltre che, in favore della donna che si era costituita parte civile con l'assistenza dell'avvocato Francesca Picone, al pagamento di cinquemila euro.

Contestando ogni accusa, Danile aveva proposto appello tramite i difensori: gli avvocati Maria Lina Faraci e Basilio Milio. La Corte di appello di Palermo, ribaltando la decisione del tribunale di Agrigento, ha ritenuto la totale estraneità di Danile ai contestati fatti, sia nella compilazione del modulo che nella richiesta del finanziamento, pronunciando, in tal senso, sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.

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