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Lunedì, 29 Aprile 2024
Come si cambia

La musica? Sempre più semplice e ripetitiva, aumenta ego e rabbia

Studiando 12mila canzoni pubblicate tra il 1980 e il 2020 un team di ricercatori austriaci ha messo in evidenza come la musica sia sempre meno complessa sul piano lessicale e strutturale, mentre aumentano le parole di rabbia e i testi auto riferiti

Ai miei tempi la musica era migliore. Quante volte lo avete pensato, o ve lo siete sentito dire da parenti e amici più anziani? La verità è che sono i gusti a rimanere ancorati al passato, e non la musica a peggiorare o migliorare nel tempo. Ma un piccolo fondo di verità potrebbe esserci davvero nei mugugni da boomer delle vecchie generazioni: se non più brutta, la musica pop negli ultimi 40 anni sembra essersi fatta più semplice e ripetitiva, soprattutto guardando ai testi delle canzoni. O almeno, è la conclusione a cui è arrivato un team di ricercatori austriaci, in un recente studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

Lo studio ha preso in esame oltre 12mila canzoni in lingua inglese pubblicate tra il 1980 e il 2020, riconducibili a cinque generi musicali: rap, country, pop, rock e r&b. I ricercatori hanno analizzato diverse caratteristiche dei testi e della musica di ogni canzone, come ripetitività, complessità dei testi, emotività. E hanno poi collegato i risultati con l’anno di uscita delle canzoni, per verificare come sia evoluto il panorama musicale della cosiddetta “musica leggera” nell’arco degli ultimi 40 anni. 

Come dicevamo, i risultati hanno rivelato una tendenza a semplificare e rendere sempre più ripetitivi i testi. Ad utilizzare, cioè, una minore varietà di parole, e a ripetere più spesso strofe e ritornelli senza variazioni. In particolare, questa minore complessità lessicale e strutturale è risultata accentuata nelle canzoni rock e nei pezzi rap degli ultimi decenni. Nel caso del rap, i testi negli ultimi 40 anni sembrano essersi fatti sempre più emotivi, mentre quelli delle canzoni  r&b, pop e country mostrerebbero una tendenza verso la negatività. Per tutti i generi analizzati, inoltre, si noterebbe una tendenza a testi sempre più rabbiosi e autobiografici (o forse autoreferenziali), come dimostra l’utilizzo crescente di termini come “me” e “mine”, cioè “io” (o “me”) e “mio”. 

L’analisi offre quindi l’immagine di un panorama musicale che tende a essere composto sempre più uniformemente da motivetti orecchiabili e facili da ricordare, che non impegnino particolarmente l’ascoltatore sul piano della comprensione lessicale o dell’attenzione. Cosa abbia provocato questi cambiamenti stilistici non è chiaro, ma i ricercatori ipotizzano che possa dipendere, almeno in parte, dai mutamenti avvenuti nel modo in cui viene consumata la musica, e in particolare dal fatto che è sempre più ascoltata come sottofondo: come colonna sonora che tiene compagnia mentre si fa qualcos’altro, e non come una forma d’arte o di intrattenimento a cui si dedica la propria attenzione. 

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