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Domenica, 28 Aprile 2024
Lo studio

Il virus dell'herpes labiale raddoppia il rischio di demenza

Secondo un nuovo studio, l’herpes simplex tipo 1, responsabile dell'herpes labiale e tra i virus più diffusi al mondo, potrebbe essere una delle cause dell'Alzheimer e delle altre forme di demenza

Ancora oggi non sono chiare le precise cause dell'Alzheimer e di altre forme di demenza. A rendere così difficile lo studio delle malattie neurodegenerative l’enorme complessità del cervello umano. Tuttavia, gli esperti ritengono che all’origine di queste sindromi ci sia una combinazione di vari fattori, tra cui mutazioni genetiche, fattori ambientali, familiarità e stile di vita. Diversi studi hanno dimostrato come questo insieme di fattori causino depositi nel cervello di aggregati di proteine cerebrali, responsabili di un processo neuroinfiammatorio cronico che porta alla morte dei neuroni.

I ricercatori dell’Università di Uppsala e dell’Università di Umeå (in Svezia) hanno dimostrato che tra le cause dell’Alzheimer e delle altre forme di demenza ci sarebbero anche alcuni virus come l’Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1), responsabile dell'herpes labiale e di altre infezioni nella regione della bocca e del viso. Secondo i risultati della ricerca, chi è esposto a questo virus corre il doppio del rischio di sviluppare una sindrome associata al declino delle funzioni cognitive.

L’herpes simplex di tipo 1

L’Herpes simplex di tipo 1 (Hsv-1) si trasmette principalmente attraverso il contatto diretto con la bocca di persone infette. Tuttavia, il contagio può avvenire anche durante i rapporti orali, con il contatto dei genitali con la mucosa labiale infetta, o in modo indiretto, utilizzando oggetti contaminati, come bicchieri, posate, rossetti, rasoi e asciugamani. Tuttavia, non sempre l’infezione si manifesta. Molti pazienti infatti presentano gli anticorpi contro il virus ma non hanno mai avuto sintomi. Altri invece manifestano i sintomi (vescicole piene di siero localizzate prevalentemente sulle labbra) e vanno di incontro, anche a distanza di molto tempo, a una riacutizzazione dell’infezione.

Il virus dell’herpes labiale infatti resta nell'organismo, si rifugia nei gangli neuronali più vicini al sito di infezione, dove entra in latenza. In condizioni di "debolezza" dell'organismo (calo delle difese immunitarie, periodi di stress, affaticamenti generali ecc.) può manifestarsi nuovamente e provocare le classiche lesioni. Secondo le stime dell’organizzazione mondiale della sanità 3,7 miliardi di persone nel mondo (il 67%) con meno di 50 anni hanno l’infezione, pertanto sapere che questo virus può essere associato alla demenza è un dato allarmante da non sottovalutare.

Lo studio svedese

Sebbene diversi studi abbiamo dimostrato che alcune gravi infezioni virali, come l'encefalite o la polmonite, possano aumentare il rischio di malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer, a oggi non esistono ancora prove sufficienti che confermino il ruolo di agenti patogeni come l’Hsv-1 nel declino cognitivo. A indagare più approfonditamente questo legame i ricercatori delle Università svedesi di Uppsala e di Umeå che hanno analizzato le cartelle cliniche di circa 1.000 settantenni (non affetti da demenza all'inizio dello studio) residenti in Svezia tra il 2001 e il 2005, seguendoli per 15 anni. Durante il periodo di follow-up gli scienziati hanno sottoposto i partecipanti ad alcune analisi per verificare la presenza di anticorpi neutralizzanti IgG (immunoglobuline) contro il virus dell'herpes e il citomegalovirus (Cmv), mettendo successivamente a confronto questi dati con l'insorgenza della demenza.

"La particolarità di questo studio - ha affermato la dott.ssa Erika Vestin, che ha coordinato la ricerca - è che i partecipanti avevano tutti più o meno la stessa età, il che rende i risultati ancora più affidabili poiché le differenze di età, altrimenti legate allo sviluppo della demenza, non possono confondere i risultati".

Il virus dell'herpes simplex un fattore di rischio per la demenza

Dall’analisi è emerso che l’82% dei partecipanti aveva gli anticorpi contro l'herpes simplex tipo 1 (Hsv-1) e il 6% era stato sottoposto a una cura contro di esso. Esaminando tutti i dati a disposizione è emerso che questi pazienti avevano il doppio delle probabilità di sviluppare una demenza rispetto a coloro che non presentavano anticorpi HSV-1. Altro dato interessante emerso è che i partecipanti con la variante e4 del gene Apoe (Apoe4), associata a un maggior rischio di sviluppare l'Alzheimer, non avevano più probabilità di mostrare un declino cognitivo legato agli anticorpi Hsv-1.

"È entusiasmante che i risultati confermino studi precedenti - ha affermato Vestin -. Sempre più prove stanno emergendo da studi che, come i nostri risultati, indicano il virus dell'herpes simplex come un fattore di rischio per la demenza". "I risultati - ha continuato - potrebbero spingere la ricerca sulla demenza verso il trattamento della malattia in una fase precoce, utilizzando comuni farmaci antivirali contro l’herpes o verso la prevenzione della malattia prima che si manifesti". Pertanto, i ricercatori si augurano che al più presto partano studi randomizzati e controllati per capire se il trattamento dell'herpes possa effettivamente aiutare a prevenire o bloccare l'insorgenza della demenza. Il primo studio clinico, che sta indagando l'effetto di un trattamento per l'herpes sull'Alzheimer, è già partito e dovrebbe concludersi a dicembre 2024.

La risposta immunitaria al virus è legata al declino cognitivo

Le cause della demenza non sono ancora chiare. Da anni neuroscienziati e ricercatori si concentrano sulla prevenzione di aggregati proteici anomali nel cervello per ridurre il declino cognitivo con poco o nessun successo. Secondo i ricercatori svedesi questi aggregati potrebbero essere una risposta "fuori controllo" del sistema immunitario all'attacco di agenti patogeni come il virus dell'herpes simplex. 

L'idea che le infezioni virali possano causare alcune forme di demenza fu proposta per la prima volta nel 1907, ma l'ipotesi fu ignorata e trattata con "molta ostilità" dalla comunità scientifica. Solo di recente è stata ripresa in considerazione anche alla luce di nuovi studi. Tra questi una ricerca del 2008 che ha rilevato la presenza del Dna dell'Hsv-1 nel 90% delle placche proteiche nel cervello di pazienti deceduti con morbo di Alzheimer. Questi risultati suggeriscono che le placche di proteine beta amiloide, tra i principali segni dell'Alzheimer (ma non sempre presenti nei malati), potrebbero essere rilasciate come risposta immunitaria al virus dell'herpes. 

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