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Venerdì, 26 Aprile 2024
Canicatti Canicattì

"Cocaina e fucili nascosti nel casolare", condannato bracciante agricolo

I giudici della prima sezione penale hanno inflitto due anni e sei mesi di reclusione a Gioachino Cigna, 26 anni, arrestato la vigilia di Natale del 2014

Due anni e sei mesi di reclusione per le accuse di detenzione ai fini di spaccio di cocaina, possesso illegale di fucili e ricettazione. Sono stati inflitti ieri mattina dai giudici della prima sezione penale presieduta da Luisa Turco (con a latere Giancarlo Caruso e Maria Alessandra Tedde) nei confronti del bracciante agricolo Gioachino Cigna, 26 anni, di Canicattì.

La pena inflitta dai giudici è di gran lunga inferiore ai sei anni e sei mesi chiesti dal pubblico ministero Alessandra Russo al termine della requisitoria. Cigna, difeso dall’avvocato Gero Lo Giudice, fu arrestato il giorno della vigilia di Natale del 2014. I carabinieri avevano sorpreso il giovane bracciante agricolo durante un controllo mirato in materia di contrasto allo spaccio di droga. Nel corso della perquisizione in un terreno e in alcuni locali nella disponibilità di Gioachino Cigna i carabinieri hanno trovato due fucili calibro 4,5 e calibro 16, con relativo munizionamento, quattordici grammi di cocaina e 6 grammi di sostanza da taglio.

Trovato anche un bilancino di precisione e pellicola termosaldata per il confezionamento delle dosi. La carabina calibro 4,5 era nascosta sotto alcuni sacchi all'interno del fabbricato mentre tutto il resto era in una vicina grotta sotto uno strato di terreno e paglia. Uno dei fucili è risultato provento di un furto in appartamento compiuto a Favara e per questo era scattata l’accusa di ricettazione. Dopo tre giorni di carcere il gip Stefano Zammuto gli concesse i domiciliari ai quali restò sottoposto per i successivi tre mesi. Nei suoi confronti è stato disposto il giudizio immediato e, in sostanza, è stato mandato a processo senza il filtro dell’udienza preliminare. Ieri mattina, dopo la requisitoria del pubblico ministero Alessandra Russo, l'avvocato Gero Lo Giudice aveva illustrato la sua arringa sostenendo che il processo non avesse provato la certa riconducibilità delle armi e della droga all'imputato.

“Un carabiniere che ha preso parte all'operazione – ha ricostruito il difensore – ha detto che il casolare era accessibile dall'esterno e chiunque poteva entrarvi”. I giudici hanno riqualificato l’accusa di detenzione di droga finalizzata allo spaccio in un’ipotesi di lieve entità. Anche per questo la condanna inflitta è ridotta rispetto alle conclusioni del magistrato della Procura. 

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