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Cronaca

Ucciso il fratello di un testimone di giustizia, Cutrò: "La mafia non dimentica mai"

Parla ancora una volta l'imprenditore di Bivona, lanciando un altro appello

A Pesaro è stato ucciso il fratello di un collaboratore di giustizia. Non tarda ad arrivare il commento dell’imprenditore, Ignazio Cutrò. Il testimone di giustizia parla chiaro e chiede maggiore attenzione.

"'Sconfiggeremo la mafia fra qualche mese, al massimo fra qualche anno'. Così dichiarava il ministro dell'interno Salvini appena qualche giorno fa ma intanto, come presidente della Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia dobbiamo fare i conti con il barbaro omicidio a Pesaro del fratello di un collaboratore di giustizia che era sotto programma di protezione". Queste le parole di Cutrò, che poi afferma: "Non è stato sufficiente - dice -  averlo nascosto in località protetta e la vendetta dei mafiosi è stata spietata. Nulla di nuovo si dirà: le mafie non dimenticano coloro che denunciano ma io non posso non riflettere sul fatto che lo Stato, nella tutela di coloro che denunciano, siano essi testimoni di giustizia che familiari dei collaboratori di giustizia mostra ogni giorno un grave calo di attenzione e sottovalutazione del fenomeno mafioso. Sui familiari, lo denunciamo da anni, le mafie vogliono abbattere la loro violenza per vendicarsi dell'affronto subito dopo che li abbiamo fatti condannare. Come non pensare alla mia famiglia lasciata priva di qualsiasi protezione. Vi ricordate - spiega Cutrò - le dichiarazioni del prefetto di Agrigento? Dapprima la revoca della scorta alla mia famiglia nonostante le Istituzioni abbiano prove inequivocabili che vogliono assassinarmi, poi la revoca della scorta all'amico Vincenzo Conticello anch'egli testimone di giustizia. Il tutto nel silenzio assordante dell'antimafia istituzionale e civile. Si dirà che quella del Ministro è una semplicistica dichiarazione, una dichiarazione 'di troppo' perché così è il personaggio e ci ha abituati a questo genere di esternazioni. Penso, invece, che siamo di fronte ad un percorso, sul piano politico e culturale, che le mafie potrebbero leggere come una resa della Stato. Lo diciamo con forza: di mafia si muore le istituzioni non riescono o non vogliono giungere alla verità, lasciando soli uomini che hanno avuto il coraggio civile di testimoniare nei processi. E mentre di mafia si muore io e altri testimoni di giustizia siamo in attesa di ricevere risposte dalla Commissione Centrale del Ministero degli interni presieduta dal viceministro Luigi Gaetti. Chissà se ad arrivare per prima sarà la risposta della Commissione Centrale oppure la vendetta della mafia". 

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