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Cronaca

"Il fatto non sussiste", morte Enzo Rigoli: assolti i due medici imputati

È la conclusione a cui è giunta il giudice monocratico Maria Alessandra Tedde che ieri pomeriggio ha emesso la sentenza del processo a carico dell’ex primario del reparto di Chirurgia dell’ospedale San Giovanni di Dio, Salvatore Napolitano

Assoluzione perché il fatto non sussiste: il diciannovenne Enzo Rigoli non morì per la negligenza dei medici ma per i gravi traumi subiti nell’incidente che non gli avrebbero lasciato scampo qualunque sarebbe stato l’operato dei sanitari. È la conclusione a cui è giunta il giudice monocratico Maria Alessandra Tedde che ieri pomeriggio ha emesso la sentenza del processo a carico dell’ex primario del reparto di Chirurgia dell’ospedale San Giovanni di Dio, Salvatore Napolitano, e del medico dello stesso reparto Sergio Sutera Sardo.

Al primo veniva contestato di essere arrivato in sala operatoria due ore dopo essere stato chiamato (l'imputato, residente a Gela, ascoltato in aula, ha dato la colpa del ritardo al maltempo) mentre Sutera Sardo, secondo l'accusa, avrebbe dovuto intervenire chirurgicamente per tamponare l'emorragia nell'attesa che venisse il primario. Il pubblico ministero Manuela Sajeva aveva concluso la requisitoria chiedendo la condanna di entrambi gli imputati. Anche la pena proposta era piuttosto elevata. Quattro anni di reclusione sono stati chiesti per Sutera Sardo e due anni e sei mesi per Napolitano. Nessuno dei due, secondo il magistrato onorario che ha rappresentato l’accusa, era meritevole della concessione delle attenuanti generiche. Per Sutera Sardo era stata proposta anche la pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione. Enzo Rigoli è morto il 16 dicembre del 2012 per uno choc emorragico in seguito a un incidente stradale autonomo con la sua Citroen C3 in contrada Gasena. L’incidente, negli istanti immediatamente successivi, non sembrava neppure così grave tanto che il ragazzo era lucido. Il verdetto del processo è stato emesso di sabato perché il giudice Tedde è stata trasferita e nei prossimi giorni lascerà il tribunale di Agrigento. Nelle scorse settimane Michela Frasca, madre dello sfortunato ragazzo, aveva lanciato un appello al giudice chiedendo che non si azzerasse il dibattimento e si facesse presto visto che la prescrizione non era lontana. A tenere i riflettori accesi sulla vicenda sono stati proprio i genitori del ragazzo che hanno lanciato diversi appelli chiedendo che venisse fatta giustizia e opponendosi all’archiviazione del caso. A lungo hanno sostenuto le loro ragioni, invocando la condanna degli imputati a loro dire responsabili di gravi omissioni. La sentenza è arrivata al termine di un dibattimento molto complicato in cui i consulenti di parte erano giunti a conclusioni opposte. “La condotta professionale dei medici non è certamente condivisibile e un trattamento ottimale avrebbe aumentato le possibilità di sopravvivenza ma forse in maniera non decisiva”. Così i periti, nominati dal giudice Maria Alessandra Tedde per tentare di fare luce sulle cause della morte, all’udienza precedente avevano tentato di chiarire i dubbi. Il medico legale Dino Maria Tancredi e il chirurgo Innocenzo Bertoldi, lunedì mattina, hanno illustrato in aula le loro conclusioni e, nella sostanza, avevano lasciato qualche margine di dubbio.

Le posizioni di altri quattro medici, inizialmente indagati per omicidio colposo, sono state archiviate. Le tesi dei consulenti di parte erano diametralmente opposte. Per questo il giudice, che in un primo momento aveva disposto un confronto, aveva deciso di nominare dei periti, vale a dire degli esperti di nomina del tribunale e, quindi, “terzi” e non di parte. Le loro conclusioni non erano trancianti perchè, pur rilevando una negligenza da parte dei medici, non ritenevano che un trattamento corretto avrebbe potuto cambiare le cose in maniera significativa in considerazione “del quadro estremamente grave fin dall’inizio”. Troppo poco, secondo il giudice, per emettere una sentenza di condanna nei confronti dei medici.

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