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Operazione Kerkent

"Non ha commesso alcun abuso sessuale, contro di lui accuse strumentali da falso pentito": la difesa di Massimino all'attacco

Il legale replica alla procura generale che ha chiesto la condanna a 22 anni di reclusione (2 in più rispetto al primo grado) per il capomafia accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e di violenza ai danni dell'ex compagna di un collaborante

"Antonio Massimino non ha violentato nessuno, lo Stato gli riconosce un ruolo di uomo d'onore e questi comportamenti non rientrano nel suo status. E' stato accusato da un falso pentito che gli avrebbe dovuto dare 70mila euro ma ha preferito inventarsi questa storia per cancellare il debito".

L'avvocato Salvatore Pennica replica così ai sostituti procuratori generali di Palermo Francesca Lo Verso e Giuseppina Motisi che, a conclusione della requisitoria, hanno chiesto la condanna a 22 anni di reclusione per il capomafia: 2 anni in più rispetto al processo di primo grado in cui Massimino era stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa e traffico di droga ma assolto dall'accusa di violenza sessuale. 

I magistrati hanno proposto un aumento di pena per il boss Antonio Massimino, al 41 bis dall'estate del 2019, personaggio chiave dell'inchiesta, e la condanna per l'imprenditore Salvatore Ganci, 48 anni, assolto in primo grado dall'accusa di avere commissionato al capomafia una rappresaglia ai danni di un uomo vicino al clan che lo aveva truffato acquistando un'automobile del suo negozio con un assegno falso. Massimino, insieme a un affiliato, avrebbe sequestrato la moglie del truffatore, che poi ha collaborato con gli inquirenti, e l'avrebbe palpeggiata per dargli una lezione. Circostanza che adesso la difesa ha cercato di smontare. "E' stato accusato da un truffatore - ha aggiunto l'avvocato Pennica - che ha voluto cercare une escamotage per non pagare un debito di 70mila euro relativo a una partita di droga".

I sostituti procuratori generali di Palermo, al termine della requisitoria del processo di appello, hanno chiesto la condanna di ventuno persone coinvolte a vario titolo nella maxi inchiesta Kerkent, l’operazione della Dia che ha fatto luce, con il blitz scattato il 4 marzo del 2019, sulla scalata al vertice della famiglia mafiosa di Agrigento del boss Antonio Massimino tornato operativo dopo due condanne per mafia. Il boss di Villaseta avrebbe riorganizzato il clan con estorsioni a tappeto e con un vasto traffico di cocaina. 

I magistrati che rappresentano l'accusa in appello hanno chiesto la conferma delle 19 condanne decise in primo grado, oltre a un aumento di pena per Massimino (da 20 anni a 22 anni) e una condanna a 9 anni, 10 mesi e 15 giorni per Ganci che era stato assolto.

Questa la sentenza di primo grado emessa il 16 febbraio di due anni fa dal gup di Palermo, Fabio Pilato: James Burgio (8 anni); Salvatore Capraro (9 anni); Davide Clemente (9 anni e 6 mesi); Fabio Contino (8 anni); Sergio Cusumano (12 anni e 8 mesi); Alessio Di Nolfo (12 anni); Francesco Di Stefano (assolto); Salvatore Ganci (assolto); Daniele Giallanza (assolto); Eugenio Gibilaro (10 anni); Pietro La Cara (assolto); Domenico La Vardera (8 anni e 8 mesi); Domenico Mandaradoni (8 anni); Antonio Massimino (20 anni); Gerlando Massimino (12 anni); Antonio Messina (12 anni); Giuseppe Messina (20 anni); Valentino Messina (assolto); Liborio Militello (8 anni); Andrea Puntorno (8 anni); Calogero Rizzo (5 anni); Francesco Romano (assolto); Vincenzo Sanzo (assolto); Attilio Sciabica (assolto); Luca Siracusa (8 anni); Giuseppe Tornabene (8 anni e 8 mesi); Francesco Vetrano (20 anni). 

Tutte le assoluzioni ad eccezione di quella di Ganci sono diventate definitive. 

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