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L'inchiesta "Kerkent"

Antonino Mangione è un falso pentito? Spuntano video e audio che lo proverebbero: sequestrato telefono dell'ex moglie

I giudici che stanno processando alcuni imputati dell'inchiesta Kerkent vogliono vederci chiaro e dispongono una perizia per fare luce su quanto dichiarato dalla donna in udienza: "E' stato lui a dirmi che fu pagato per mentire"

Antonino Mangione era un falso collaborante? A dirlo, nel corso di un'udienza del processo "Kerkent", in cui sono imputati presunti affiliati del clan del boss Antonio Massimino, è stata l'ex moglie al centro di un episodio di presunti abusi, accertato durante le indagini e per questo chiamata a deporre.

La donna ha prima detto che il quarantaduenne di Raffadali, che da tempo ha avviato un'attività di collaborazione con gli inquirenti, senza mai essere stato inserito nel programma di protezione, ha mentito ed è stato pagato per farlo. Poi è andata oltre dicendo che lo stesso avrebbe ammesso di avere raccontato una serie di falsità, relative a questo processo e non solo, e di avere le prove.

La conferma arriverebbe dalla stessa voce di Mangione che, parlando al telefono con l'ex moglie, avrebbe ammesso ogni cosa. La donna sostiene di averlo registrato ed è scattato il sequestro del telefono su cui adesso i giudici della prima sezione penale, presieduta da Alfonso Malato, hanno disposto una perizia per estrapolare alcuni file audio e video indicati in udienza dalla stessa donna. 

A occuparsene sarà l'ingegnere Antonino D'Amico che, in udienza, ha ricevuto le "istruzioni" dalla stessa testimone dopo che è stata aperta la busta con lo smartphone e si è proceduto all'accensione e all'individuazione dei file.

Le telefonate, registrate di nascosto dalla donna, saranno in seguito ascoltate in udienza in contraddittorio fra le parti. I pm della Dda Alessia Sinatra e Claudio Camilleri avevano chiesto che venisse eseguita una perizia sull'intero contenuto dello smartphone ma i giudici, anche in seguito alle osservazioni dei difensori - in particolare l'avvocato Salvatore Pennica - hanno disposto l'estrapolazione dei soli file legati al caso.

Lo stesso Mangione, che in un'indagine a parte si è pure accusato di un omicidio, quello dell'omonimo Pasquale Mangione, tirando in ballo altre persone, su questa vicenda non è stato ritenuto credibile dal giudice che ha celebrato lo stralcio abbreviato del processo. 

In questo troncone sono imputati in sette. Si tratta di Pasquale Capraro, 28 anni; Angelo Cardella, 48 anni; Francesco Luparello, 46 anni; Saverio Matranga, 42 anni; Gabriele Miccichè, 29 anni; Calogero Trupia, 34 anni e Angelo Iacono Quarantino, 28 anni. 

L'indagine avrebbe accertato il rinnovato ruolo di Antonio Massimino, tornato "operativo" dopo avere scontato la condanna nel processo di mafia "San Calogero". Il capomafia, finito per questi fatti al 41 bis, avrebbe cercato di rimettere in piedi la famiglia mafiosa e il suo giro di affari attraverso un traffico di cocaina gestito non solo in ambito provinciale. Lo spaccio, infatti, che avrebbe dovuto servire a finanziare la cosca, sarebbe stato organizzato grazie a contatti con le famiglie mafiose di Catania e di Reggio Calabria. 

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