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Cronaca

L'inchiesta per corruzione a carico di tre marescialli e due imprenditori, la difesa: "Pronti a chiarire"

L'intervento di alcuni dei legali dopo la notifica, da parte della Procura, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari

“Non appena saremo in possesso di tutti gli atti chiederemo un interrogatorio per chiarire, documenti alla mano, l’estraneità del maresciallo alle accuse contestate”. L'avvocato Daniela Posante, difensore di Francesco Barba, interviene così dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari nell'ambito dell'inchiesta che ipotizza un giro di corruzione nel quale sarebbero coinvolti tre sottufficiali di Dia, Guardia di Finanza e carabinieri e due imprenditori. "Al momento abbiamo ricevuto solo l'avviso di conclusione delle indagini - aggiunge il legale - ma non abbiamo contezza degli atti della Procura, attendiamo di conoscerli per potere sollecitare un'audizione e dare tutti i chiarimenti del caso".

Gli indagati sono Salvatore Trigona, 54 anni, maresciallo aiutante delle Fiamme Gialle, in servizio alla Direzione investigativa antimafia;  Francesco Barba, 56 anni, in servizio nella tenenza della Guardia di Finanza di Porto Empodocle; Salvatore Manuello, 62 anni, nel 2013 in servizio alla Compagnia di Licata; Angelo Incorvaia, 56 anni, di Canicattì e Valerio Peritore, 52 anni, di Licata; questi ultimi due sono imprenditori, legali rappresentanti della Omnia Srl, società che opera nel campo della nettezza urbana. I due imprenditori, secondo quanto ipotizza la Procura, avrebbero corrotto i tre marescialli avendone in cambio informazioni riservate su indagini in corso e sull'istruttoria relativa alle certificazioni antimafia.

L’avvocato Balsamo, difensore di Manuello, aggiunge: “Non abbiamo ancora contezza degli atti, avendo ricevuto solo la comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini. Nei prossimi giorni, elaboreremo la nostra difesa”.

I sottufficiali sarebbero stati ricompensati con il pagamento dell'Ici relativa a delle proprietà personali (nel caso di Trigona), con la promessa dell'assunzione del fratello (Barba) e con una consulenza in affari di tipo personale (Manuello). Trigona, sostiene l’accusa, avrebbe ricambiato il favore informando Incorvaia e Peritore “dell’esito e del contenuto delle riunioni in Prefettura del Gruppo interforze che stava valutando la certificazione antimafia della Omnia”. Lo stesso avrebbe fatto Manuello comunicando al solo Peritore anche “i dati rivelatori del rischio di infiltrazione mafiosa della Omnia”. Barba, invece, avrebbe rivelato notizie riservate su un’indagine della Procura ai due imprenditori che gli avevano promesso l’assunzione del fratello alle dipendenze della ditta. 

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