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La potenziale strage silenziosa

Accordi tra mafia e camorra per seppellire le scorie nucleari nelle cave? La testimonianza di un ex investigatore

AgrigentoNotizie ha incontrato il commissario in pensione della Forestale Domenico Bruno che, dal 1996 al 2004, si occupò di indagare sul presunto smaltimento illecito dei rifiuti tossici. Trovati fusti fra Licata e Palma

Da oltre 30 anni in Sicilia c'è il mistero su cosa si nasconde nel sottosuolo dei siti minerari e delle cave, per decenni si è parlato del rischio di un vasto giro di rifiuti tossici gestito dalla criminalità organizzata ma nessuna inchiesta della magistratura, così come nessuna interrogazione parlamentare, ha mai portato a una verità. Il primo collaboratore di giustizia a parlare di scorie nucleari interrate in miniera fu il nisseno Leonardo Messina che, il 30 giugno del 1992, ovvero venti giorni prima della strage di via D’Amelio, raccontò al giudice Paolo Borsellino delle modalità di Cosa Nostra nello smaltimento illecito delle sostanze tossiche. Bisognerà attendere altri 5 anni prima che un altro pentito tornasse sull’argomento.

Era il 1997 quando l’ex camorrista Carmine Schiavone ai magistrati raccontò di un accordo tra Cosa Nostra e Camorra per lo smaltimento illecito di rifiuti speciali, compresi quelli radioattivi, che provenienti anche da altri paesi europei, vennero seppelliti in molti siti. Le rilevazioni dell’ex esponente del clan dei Casalesi, furono per anni secretate e dalle sue parole, si arrivò alla scoperta della cosiddetta "Terra dei fuochi": la vasta area compresa tra le province di Napoli e Caserta utilizzata dai clan per interrare rifiuti speciali.

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La testimonianza

Se in Campania si arrivò, quanto meno, a individuare le discariche così non è mai stato per la Sicilia. AgrigentoNotizie ha incontrato l’ex commissario del corpo Forestale Domenico Bruno che dal 1996 al 2004, per conto della Procura della Repubblica di Agrigento, si occupò di indagare sul presunto smaltimento illecito dei rifiuti tossici nelle ex miniere e nelle cave. “Lavoravamo solo ed esclusivamente con i mezzi che avevamo a disposizione, per avere un contatore Geiger dovevamo chiedere in mezza Italia, dall’Esercito ai vigili del fuoco, ma nessuno ci forniva queste attrezzature. Solo dopo tanto tempo, furono i pompieri di Agrigento a portare l’attrezzatura richiesta e in una cava abusiva, tra i territori comunali di Licata e Palma di Montechiaro, abbiamo scoperto una decina di fusti contenenti rifiuti tossici che erano stati interrati. Questa indagine che dovevamo approfondire non ebbe un seguito perché, essendo interessate più province i fascicoli d’inchiesta passavano tra i diversi uffici delle competenti procure e non ne abbiamo più saputo niente. Quando mi occupavo di queste indagini sono stato anche minacciato, sono stato pedinato e ho anche ricevuto diverse telefonate intimidatorie e lettere anonime. Oggi con i mezzi che ci sono a disposizione, le indagini potrebbero ripartire, volere è potere”. Così ai microfoni di AgrigentoNotizie l’ex commissario Domenico Bruno ha raccontato la sua esperienza.

(Foto e immagini sono puramente indicative e si riferiscono genericamente a una cava agrigentina che non è quella di cui parla l’ex commissario del corpo Forestale) 

A che cosa serve il contatore GeigerIl contatore Geiger è uno strumento di misura delle radiazioni ionizzanti, in particolare le radiazioni provenienti da decadimenti di tipo alfa, beta e gamma (nuclei di elio, elettroni e fotoni nel campo delle basse energie). È così detto poiché inventato nel 1913 da Hans Wilhelm Geiger e perfezionato nel 1928 insieme a Walther Müller, molto in uso come strumento di controllo e di ricerca, per rilevare la presenza e l'intensità di particelle ionizzanti, nei laboratori di fisica nucleare, nelle installazioni atomiche civili e militari, nelle ricerche di zone uranifere o inquinate da prodotti radioattivi. 
Fonte Wikipedia

In una cava abusiva ubicata tra i territori comunali di Licata e Palma di Montechiaro, abbiamo scoperto una decina di fusti contenenti rifiuti tossici, ma le indagini non ebbero un seguito

Domenico Bruno (ex commissario Forestale)

“Sandokan” potrebbe aiutare a risolvere il mistero?

La recente volontà di collaborare con la giustizia di Francesco “Sandokan” Schiavone, il boss del clan dei Casalesi, potrebbe aiutare la magistratura a fare luce sui presunti accordi tra Cosa Nostra e Camorra di cui ha parlato, nel 1997, il cugino di Francesco, Carmine Schiavone. Qualora il boss, condannato definitivamente all’ergastolo e detenuto in regime di 41 bis, decidesse di mettere a conoscenza i magistrati sugli ipotetici business della gestione illecita dei rifiuti si potrebbero avere tutte quelle risposte che milioni di siciliani attendono e che rivelerebbero i dettagli di quella che potrebbe essere definita come una strage silenziosa della mafia: avvelenando la propria terra non possono che aver determinato danni all’ambiente e alla salute pubblica.

Francesco Schiavone detto Sandokan, foto Wikimafia

(Foto e immagini sono puramente indicative e si riferiscono genericamente a una cava agrigentina che non è quella di cui parla l’ex commissario del corpo Forestale) 

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