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Cronaca Favara

"Falsa pratica di sgravi fiscali e finto risarcimento", consulente del lavoro chiede di patteggiare

L'accordo processuale, però, è sub iudice per via di un'eccezione sollevata dalla difesa dopo che lo stesso magistrato della Procura aveva disposto la citazione diretta a giudizio

Falsa pratica di sgravi fiscali e finto risarcimento con assegni scoperti. Il cliente lo denuncia e la vicenda approda in aula per il processo: il consulente del lavoro Pietro Patti, 46 anni, di Favara, potrebbe definire la sua posizione giudiziaria con il patteggiamento. Il suo difensore, l'avvocato Giuseppe Barba, e il pubblico ministero Elenia Manno, hanno raggiunto un accordo per l'applicazione della pena, per le accuse di truffa e falso.

L'accordo processuale, però, è sub iudice per via di un'eccezione sollevata dalla difesa dopo che lo stesso magistrato della Procura aveva disposto la citazione diretta a giudizio. Il legale sostiene, infatti, che - trattandosi di reati con una pena che potrebbe superare i 4 anni - il caso dovrebbe passare dall'udienza preliminare. Il giudice Micaela Raimondo, dopo l'eccezione preliminare, scioglierà la riserva nelle prossime ore. 

La vicenda risale al 2016. Il cliente dello studio consegna, secondo la ricostruzione dell’episodio formulata dall'accusa, alcuni documenti per una pratica finalizzata all'ottenimento di sgravi fiscali. In realtà la pratica non fu mai portata a conclusione ma Patti, per nascondere la circostanza, lo avrebbe rassicurato dicendo che i documenti erano stati regolarmente inviati all’Inps ma non solo: per rendere tutto più credibile, e soprattutto per fare in modo di riscuotere ugualmente la parcella, avrebbe consegnato due falsi documenti che attestavano altrettante cancellazioni ipotecarie nonché falsi documenti di Agenzia delle Entrate e Riscossione Sicilia che attestavano gli sgravi.

Alla fine, però, il quarantenne che si era rivolto allo studio di consulenza del lavoro scoprì tutto e pretese il risarcimento. Neppure in quel momento, Patti si sarebbe perso d’animo e avrebbe stipulato una scrittura privata nella quale dava atto degli errori commessi e si mostrava disponibile a risarcirlo. Al cliente furono consegnati tre assegni dell’importo complessivo di 34 mila euro che, una volta portati in banca per l’incasso, si rivelarono essere scoperti. 

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