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Il nuovo corso della mafia, il capo della Dia Vallone: "Nei cassetti hanno sempre pronti i kalashnikov e l'esplosivo”

Il numero uno della direzione investigativa antimafia ha parlato in occasione del convegno che al museo archeologico San Nicola si è articolato sull'influenza delle religioni nella lotta alla criminalità organizzata

“Le mafie non sono quelle dei tempi delle stragi di Falcone e Borsellino: oggi sono cambiate non utilizzano più i kalashnikov e l'esplosivo che però hanno sempre nel cassetto laddove dovesse essere necessario e utile e utilizzano invece gli strumenti dell'economia legale per infiltrarsi nella società”.

Così, ai microfoni di Agrigento Notizie, il direttore della direzione investigativa antimafia, Maurizio Vallone dal museo archeologico “Pietro Griffo” in occasione del convegno dal tema “L’influenza della religione nella lotta alla mafia” promosso in occasione delle celebrazioni per il trentesimo anniversario di fondazione della Dia.

“Le figure dei santi sono utilizzate in modo improprio dai mafiosi – dice invece padre Stefano Cecchin, presidente della pontifica accademia mariana internazionale – il nostro compito è quello di formare perché molte persone pensano erroneamente che la mafia è una cosa del passato e che interessa solo il sud Italia ma che invece è una cosa che interessa tutti noi”.

Il museo archeologico dista, in linea d'aria poche centinaia di metri dalla Piana San Gregorio, dove papa Giovanni Paolo II lanciò lo storico anatema ai mafiosi.

“Questa – dice in merito il prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa – del discorso di San Giovanni Paolo II che ancora risuona nelle nostre orecchie ma è anche la città del giudice Livatino. Oggi – aggiunge il prefetto – è un bel segnale che parte da Agrigento su un tema nuovo e sono certa che l'incontro di oggi saprà dare delle risposte significative”.

Presente al seminario anche il procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio: "Agrigento, per diversi anni è stato lo zoccolo duro della mafia tradizionale dei corleonesi, oggi si dice che la mafia agrigentina sia molto vicina a Matteo Messina Denaro che rappresenta l'ultimo baluardo della vecchia mafia. Sulla città dei Templi c'è un'attenzione particolare e tutti lavoriamo su questo fenomeno”.

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