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Concetta Rizzo

Responsabile di Redazione

Concerti al teatro Valle dei Templi e giornalisti "tagliati fuori" a singhiozzo: quando i social mortificano l'informazione

Le scelte che sono state fatte negli ultimi giorni sono differenti perché diversi sono gli organizzatori degli appuntamenti che compongono il cartellone del festival "Il Mito". Gli artisti di punta fanno il tutto esaurito in poche ore e si autopromuovono senza la necessità di appoggiarsi ai media tradizionali

"Il Volo": sì, "Pink Floyd Legend": sì, "Aida" e "Capo Plaza": c'è pure il sì. "Tommaso Paradiso": no. Da "Elisa" ed "Irama" - previsti per il primo e tre settembre - poi si vedrà. E' anomalo e non ha precedenti nella storia degli ultimi 20 anni di concerti ed eventi quanto sta avvenendo in questi giorni ad Agrigento. Un "valzer" - accrediti stampa sì, accrediti stampa no, accrediti stampa forse - che dimostra, nella cruda realtà, quanto i giornalisti non vengano più tenuti in considerazione. Perché "adesso ci sono i social" e - tradotto - i giornalisti non servono più. Giornalisti che, in queste ore, piuttosto che infuriarsi e polemizzare, dovrebbero fare un esame di coscienza e, se capaci, a livello generale, pronunciare un "mea culpa". 

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La premessa è una. Chiedere l'accredito per un concerto o un evento, per il giornalista che deve seguire l'iniziativa, è un dovere. E' diritto - insopprimibile - dell'organizzazione non concederlo. E le scelte che sono state fatte negli ultimi giorni sono state differenti perché diversi sono stati, e saranno, gli organizzatori degli appuntamenti che compongono il cartellone del festival "Il Mito". Manca certamente, per evitare disparità, una centralizzazione. Sarebbe stato naturalmente assai diverso se, fin dall'inizio, si fosse saputo che non erano previste area stampa e che non sarebbero stati rilasciati accrediti per chi vorrebbe e dovrebbe informare. 

C'è un "però" da tenere in considerazione. Ed è su questo che la categoria dei giornalisti - se ancora veramente esistente - dovrebbe riflettere per evitare il ripetersi di mortificazioni. 

Il giornalista, che segue un concerto o un evento, racconta, interpreta, analizza e commenta. Fa sapere, a chi non ha potuto partecipare alla manifestazione, com'è andata, se ci sono stati intoppi, disagi, problemi. E naturalmente qual è stato il riscontro del pubblico che ha pagato il biglietto. Se ci sono stati momenti d'emozione o gaffe, se l'artista ha saputo conquistare o meno quella parte di spettatori che non rientrano fra i fan sfegatati. Il giornalista, inoltre, dovrebbe seguire - piacciano o no gli eventi calendarizzati - l'intero cartellone. E non solo quelli che personalmente ritiene interessanti, coinvolgenti o semplicemente più vicini al gusto personale. "Dettagli" - una volta si chiamava informazione - che i social certamente non saranno mai capaci di fornire. Il giornalista, al concerto o evento, si diverte anche. Specie se chi è salito sul palco è di suo gradimento. Ma fa il suo lavoro. Che non è certamente solo quello di dire che "c'è stato il concerto di Tizio o di Caio" correlando il tutto con immagini e foto, e che "la risposta è stata buona perché la location era piena in ogni ordine e grado di posti". Per quello, appunto, bastano i social. 

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In tanti, forse troppi, hanno smesso - ammesso che abbiano mai veramente saputo farlo - di fare il proprio lavoro. Ed ecco perché i giornalisti, ad Agrigento come anche in altre realtà (è bene ribadire che lo stesso fenomeno si ripete in altre città con identiche modalità), non servono più. "Bastano i social"! E poco conta se il diritto all'informazione, quella vera, viene pregiudicato. Il "mea culpa" che va dunque pronunciato - ma a livello generale - per non continuare ad essere ignorati e disprezzati come categoria è uno soltanto: "tornare, o imparare, a fare veramente i giornalisti". Senza presunzione, rispettando i propri limiti e seguendo le proprie inclinazioni e capacità. Soltanto allora i giornalisti torneranno ad esistere. Magari non più come quarto potere. Ma certamente senza essere ignorati. Fosse in occasione di un concerto o di un fatto di cronaca nera. 

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