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Lunedì, 29 Aprile 2024
Operazione "Breaking Bet"

L'inchiesta su scommesse online ed estorsioni per favorire Cosa Nostra, il timore delle intercettazioni: fanno “un mare di danno"

Il gip: “Le conversazioni captate delineano la personalità spregiudicata di Vincenzo Corvitto e la sua chiara propensione ad assecondare compromessi con la criminalità organizzata pur di ottenere guadagni, ben consapevole dei ritorni in termini di protezione nei contesti territoriali in cui sono allocati i suoi interessi economici, e dei vantaggi conseguenti al trattamento di favore derivante dalla posizione di egemonia nel comparto economico di interesse"

Temevano di finire nelle maglie di qualche inchiesta. Per scongiurarlo avrebbero "adottato particolari e maggiori cautele per sottrarsi alle attività di intercettazione". Ma non è servito. Perché la sezione Dia di Agrigento, che è retta dal colonnello Antonino Caldarella, è riuscita a raccogliere - visto che le intercettazioni sono state disposte per lungo tempo - una mole di conversazioni, grazie alle "cimici" collocate fra auto e sedi societarie, che rappresentano parte del materiale probatorio su cui si è fondata la richiesta di misure cautelari della Dda di Palermo. Richieste siglate dal gip ed eseguite - per quella che è stata l'operazione "Breaking Bet" - all'alba di ieri proprio dalla direzione investigativa antimafia della città dei Templi. 

Videopoker e roulette, ma anche estorsioni per sostenere le famiglie mafiose: 6 arresti e 4 divieti di attività imprenditoriali

Le investigazioni

L'inchiesta "Breaking Bet", alla quale ha lavorato per tanto tempo l'ormai ex capo della Dia di Agrigento: il vice questore Roberto Cilona, ha fatto emergere, come già reso noto ufficialmente ieri, che il settore delle "macchinette" fosse appannaggio della spartizione territoriale di Cosa Nostra. Il principale indagato è Vincenzo Corvitto, 50 anni, di Licata. Per lui il giudice per le indagini preliminari di Palermo, Walter Turturici, ha disposto la custodia cautelare in carcere. Ed è stato l'unico a finire in cella. Corvitto è stato ritenuto "imprenditore contiguo agli interessi economici delle famiglie mafiose locali", imprenditore con un "ruolo di monopolista nel settore delle scommesse online e della distribuzione di apparecchi (cosiddetti Totem) nelle province di Trapani e Agrigento. Secondo Dia e Dda, le investigazioni avrebbero permesso "di acquisire un solido quadro indiziario a carico di Corvitto quale parte di accordi sinallagmatici stretti con Cosa Nostra". Accordi che, stando a quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, sarebbero stati "fondati sull'assunzione, nella qualità di dipendenti, di soggetti espressione del crimine organizzato sia per consentire a Cosa Nostra l'espansione nel contesto economico delle scommesse che per ottenere vantaggi personali nell'assunzione del ruolo di monopolista". Il licatese avrebbe "favorito l'utilizzo di strutture societarie nella sua disponibilità per l'espansione di Cosa Nostra nel settore delle scommesse online in cambio di ritorni economici per le società a lui riferibili e di protezione mafiosa per l 'imposizione di totem e macchinette" - è stato scritto dal gip Walter Turturici - . Ed ancora si sarebbe "fatto promotore di attività estorsive di Cosa Nostra, consentendole un immediato vantaggio economico, dimostrando la sua capacità di dirottare la forza di intimidazione delle famiglie mafiose su obiettivi di suo interesse da cui traeva poi protezione". Accordi fondati - viene ricostruito nelle pagine dell'ordinanza di custodia cautelare - anche "al mantenimento dei detenuti in carcere, in tal modo contribuendo al mantenimento e al consolidamento della forza di intimidazione sul territorio".

Il timore delle intercettazioni 

E' il 12 dicembre del 2020 quando - stando alle ricostruzioni finite nelle pagine dell'ordinanza di custodia cautelare - Vincenzo Corvitto avrebbe manifestato "il timore di una eventuale attività di intercettazione da parte delle forze di polizia all'interno dell'esercizio commerciale". Intercettazioni che avrebbero cagionato, a suo dire, "un mare di danno"

"Le conversazioni oggetto di intercettazione delineano - scrive il gip - la personalità spregiudicata di Corvitto e la sua chiara propensione ad assecondare compromessi con la criminalità organizzata pur di ottenere guadagni, ben consapevole dei ritorni in termini di protezione nei contesti territoriali in cui sono allocati i suoi interessi economici, e dei vantaggi conseguenti al trattamento di favore derivante dalla posizione di egemonia nel comparto economico di interesse". E' il 7 aprile del 2020 quando viene captato un dialogo che, per Dia e Dda, "non lascia dubbi sulla sussistenza di rapporti sinallagmatici instaurati tra l'imprenditore Corvitto con vari sodalizi criminali operanti nei territori ove lo stesso opera con le sue attività imprenditoriali". Nel manifestare il suo intento di sviluppare un'attività in territorio di Gela, veniva messo in guardia dalla necessità di richiedere l'aiuto di "cristiani": "Poi si deve andare... si deve... si deve andare a scomodare i cristiani, perché lì rompono le palle... quello, quell'altro... allora''. A tale affermazione Corvitto avrebbe risposto sarcasticamente - secondo quanto risulta dall'ordinanza di custodia cautelare - che "ciò fa parte della sua vita". Per gli investigatori della Dia e i magistrati della Dda si fa riferimento "alla sua disponibilità a dialogare con esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso, con la quale si mostrava pronto a siglare accordi di tipo commerciale" - è stato scritto nell'ordinanza - . "Tale conversazione attestava che Corvitto, di fronte alla prospettiva di lauti guadagni, non si poneva di certo scrupoli a stringere accordi con la criminalità organizzata" - è stato chiarito nel provvedimento che ha portato, ieri, al suo arresto - .

Le misure cautelari

Gli indagati dell'inchiesta "Breaking Bet" sono complessivamente 19. Di questi, per 10 è stata disposta misura cautelare o interdittiva. Il gip Walter Turturici ha disposto la custodia cautelare in carcere per Vincenzo Corvitto. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Sergio Cantavenera di 47 anni, Antonino Cardella di 34 anni, Antonino Damanti di 40 anni, Angelo De Marco di 46 anni e Salvatore Morello di 40 anni. Il gip ha disposto inoltre 4 misure interdittive per altrettanti indagati: 2 non potranno esercitare la loro professione per un anno e altrettanti non potranno esercitare, sempre per un anno, attività imprenditoriale. 

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