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Sabato, 27 Aprile 2024
Il verdetto definitivo

"Violenza e minaccia per farsi pagare dai clienti?": annullata condanna per avvocato e consulente

Francesca Picone e la sorella Concetta in primo grado erano state condannate a 4 anni e 1 anno e 8 mesi. In appello il reato era stato riqualificato in "esercizio arbitrario delle proprie ragioni": la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado e rinviato alla Corte d’appello civile di Palermo. La difesa: "Soddisfazione per l'esito ma dispiacere per il martirio mediatico"

Non fu né estorsione né tentata estorsione: i giudici della Cassazione mettono un punto fermo nel processo a carico dell'avvocato Francesca Picone e della sorella Concetta, consulente di un patronato, condannate in primo grado, cinque anni fa, per queste accuse ai danni dei familiari di alcuni clienti disabili dello studio legale.

Annullata anche, con rinvio, la sentenza della Corte di appello di Palermo che aveva riqualificato l'accusa in quello, meno grave, di "esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia". Questo reato, tuttavia, ampiamente meno grave rispetto all'estorsione, era prescritto pure prima della sentenza di secondo grado. Di conseguenza il processo di appello "bis" si celebrerà solo per gli effetti civili: in sostanza, qualora le due imputate dovessero essere riconosciute colpevoli, al massimo potranno pagare un risarcimento. 

Non fu estorsione": prescrizione per avvocato e consulente

Il gup di Agrigento, Alfonso Malato, aveva inflitto quattro anni all'avvocatessa e un anno e otto mesi alla sorella: sentenza che, il primo aprile dell'anno scorso, è stata riformata dalla Corte di appello di Palermo. Secondo l’accusa iniziale, che non ha retto al vaglio dei processi, la principale imputata, che in una circostanza avrebbe avuto il supporto della sorella, avrebbe costretto alcuni clienti che assisteva in alcuni procedimenti previdenziali per ottenere l’indennità di accompagnamento per figli o familiari disabili, a pagare una parcella ulteriore a quella stabilita dal tribunale prospettando, in caso contrario, che sarebbero andati incontro a problemi economici peggiori e che avrebbero perso la stessa indennità.

Verdetto modificato in appello dove, in sostanza, la Corte aveva ritenuto che le richieste economiche non fossero indebite ma che le maniere con cui sarebbero state sollecitate sarebbero state illegali. Si tratta, in ogni caso, di un reato meno grave dell'estorsione che, in quanto tale, è stato prescritto.

I giudici di appello avevano, infine, confermato i risarcimenti alle presunte vittime (parti civili con l'assistenza degli avvocati Gisella Spataro, Salvatore Pennica e Arnaldo Faro) dimezzando, però, le provvisionali ovvero l'anticipo subito esecutivo da 10.000 a 5.000. I difensori delle imputate - gli avvocati Angelo Farruggia, Annalisa Russello, Fabrizio Siracusano e Valerio Spigarelli - hanno impugnato il verdetto in Cassazione chiedendo un'assoluzione da tutte le accuse.

"Estorsione a clienti dello studio legale": il pg chiede il rigetto di tutti i ricorsi

Lo stesso ha fatto la procura generale presso la Corte di appello che sollecitava la condanna per estorsione e tentata estorsione secondo quanto stabilito in primo grado. Dichiarati inammissibili i ricorsi presentati dalle parti civili costituite, per questo
condannate al pagamento della pena dell’ammenda nella misura di 3.000 euro ciascuna. 

La Cassazione, adesso, ha accolto in parte solo il ricorso della difesa delle imputate ordinando un nuovo processo per l'accusa di "esercizio arbitrario delle proprie ragioni che, essendo scattata la prescrizione, potrà - in caso di condanna - portare al massimo al risarcimento del danno in ambito civile. 

L'intervento della difesa: "Soddisfazione ma spiace per il martirio mediatico"

"Alla soddisfazione professionale che esprimo a nome dell’intero Collegio difensivo, si accompagna l’amarezza per il martirio mediatico cui è stata sottoposta la collega Francesca Picone, attraverso ben tre servizi televisivi poi censurati dalla giustizia civile". Lo ha scritto, in una nota che ricostruisce la vicenda, l'avvocato Angelo Farruggia.

"A fronte della pubblica condanna mediatica che ha accompagnato, e io ritengo, in parte turbato, il sereno svolgimento del processo - sottolinea il legale -, abbiamo dovuto attendere sette lunghi anni, affinché le ragioni della nostra assistita, condannata in primo grado per avere chiesto il pagamento dei compensi per l’opera professionale svolta, trovassero riconoscimento in sede giudiziale".

(Aggiornato alle 17,40)

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