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Sabato, 27 Aprile 2024

L'omicidio nel piazzale della concessionaria, il procuratore: "Girano troppe armi, la cultura della vendetta va fermata"

Il capo dei pm, all'indomani dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per i tre indagati dell'assassinio di Roberto Di Falco, sollecita una riflessione: "Viviamo in una società civile, di diritto, dove i conflitti si risolvono ragionando"

"Va debellata. La cultura che si possa risolvere un qualsiasi problema a colpi di pistola, con i pestaggi o accoltellando la moglie che si vuole separare è frutto di una cultura che disonora questa terra. Vicende di questo genere non possono avere diritto di cittadinanza, non è ammissibile che per un debito non pagato, questo è il movente che appare allo stato degli atti, si possa ricorrere ad una violenza di questo tipo. Una violenza in cui a rimetterci la vita è stato uno degli aggressori". A sollecitare, con queste parole, una riflessione comune è stato il procuratore di Agrigento Giovanni Di Leo. E lo ha fatto all'indomani dell'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip, per i tre indagati dell'omicidio per errore del 38enne palmese Roberto Di Salvo. "Sono vicende che distruggono per intero le famiglie che sono coinvolte", ha sottolineato il capo dei pm. 

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Il procuratore Di Leo si è soffermato sulla "spirale culturale" della violenza "che va fermata": "Se non c'è un serio lavoro culturale, degli stessi protagonisti coinvolti sulle loro famiglie, e si prosegue nella ricerca di una vendetta per sopire una 'sete' che non è giustificata, la situazione non può che peggiorare. Questo è un appello che rivolgo alle famiglie coinvolte - ha spiegato il procuratore - . Ma è un appello che, in senso lato, rivolgo a tutta la società. In provincia di Agrigento gira una quantità di armi anomala. Da parte dell'autorità giudiziaria non vi saranno sconti perché non c'è ragione che giustifichi la detenzione e il porto in luogo pubblico di un'arma da parte di persone che non sono autorizzate. Viviamo in una società civile, di diritto, dove i conflitti si risolvono ragionando. Si risolvono nelle sedi proprie che sono quelle giudiziarie, si risolvono in modo civile, non a colpi di pistola. Quanto accaduto, con vittima la stessa persona che impugnava l'arma, è la dimostrazione che il metodo è sbagliato. Questa cultura della sopraffazione deve sparire, nell'interesse dei figli. Queste sono tragedie che ridonderanno sulle generazioni future". 

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