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Mafia San Biagio Platani

"E' un boss di primo piano e può comunicare con l'esterno", firmato il 41 bis per Nugara

Il ministro della Giustizia dispone il regime del "carcere duro" per il presunto capomafia di San Biagio Platani, arrestato nell'operazione "Montagna"

“Giuseppe Nugara ha un ruolo apicale in Cosa Nostra e la semplice detenzione non può aver fatto venire meno la capacità di comunicare con persone organiche al sodalizio che si trovano fuori dal carcere”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato il decreto che gli applica il regime del 41 bis. Il provvedimento è stato sollecitato dalla Dda di Palermo che ha condotto l’inchiesta “Montagna” che delinea il ruolo di capo della famiglia mafiosa di San Biagio per il cinquantatreenne impiegato della Diga Castello.

Il Guardasigilli ha ritenuto necessario, in considerazione dell’elevato rischio che possa continuare a mantenere contatti con l’esterno, imporre il regime del cosiddetto “carcere duro” che prevede una serie di restrizioni nei contatti con l’esterno come, ad esempio, la riduzione dei colloqui con i familiari e della ricezione di pacchi e il divieto di telefonate all’esterno. Limitazioni anche per la vita all’interno del carcere dove sono ridotti i momenti di socialità con gli altri detenuti. Nugara è stato arrestato dai carabinieri il 22 gennaio insieme ad altre 54 persone nell’ambito dell’inchiesta “Montagna” che ha sgominato le cosche di un ampio versante della provincia di Agrigento. I provvedimenti, per buona parte, non hanno retto al vaglio del tribunale del riesame dove sono state annullate 28 ordinanze di arresto. In molti casi la decisione è stata presa per un vizio di forma e, in particolare, perché il gip Filippo Serio – secondo la valutazione dei giudici del riesame – si sarebbe eccessivamente appiattito sulle valutazioni dei pm senza motivare adeguatamente. Nel caso di Nugara, invece, l’ordinanza è stata confermata. “Nugara è una persona di elevata pericolosità sociale – sottolinea il ministro Orlando – che ha mostrato capacità nel tenersi in contatto con esponenti politici”.

Il presunto boss del paese, infatti, avrebbe stretto un patto col sindaco Santo Sabella – a sua volta arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa – che prevedeva una serie di favori in cambio di sostegno elettorale. Sabella, in occasione delle amministrative del 2014 nelle quali fu eletto (le dimissioni sono arrivate dopo l’arresto), avrebbe concordato delle candidature col boss del paese in cambio di appalti e posti di lavoro per uomini a lui vicini. Ma non solo. Lo stesso sindaco, che nel corso dell’interrogatorio di garanzia ha smentito ogni accusa parlando di “semplici rapporti fra compaesani e frasi male interpretate”, avrebbe messo in guardia Nugara da videocamere e carabinieri. 

I difensori, gli avvocati Giuseppe Barba e Antonino Gaziano, potranno ora proporre ricorso al tribunale di sorveglianza di Roma.

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