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Mafia Racalmuto

Mafia, revocata confisca di gran parte dei beni dei fratelli Agrò

I giudici della sezione misure di prevenzione della Corte di appello di Palermo hanno disposto la restituzione di quasi tutto il patrimonio requisito agli imprenditori coinvolti in un'inchiesta di omicidio

I giudici della sezione misure di prevenzione della Corte di appello di Palermo hanno disposto la revoca della confisca di gran parte dei beni che erano stati requisiti ai fratelli Diego e Ignazio Agrò, 70 e 78 anni, di Racalmuto, accusati di avere costruito un impero imprenditoriale grazie ad accordi con i boss mafiosi degli anni Novanta. Il sostituto procuratore generale di Palermo, Rita Fulantelli, aveva chiesto la conferma della decisione di primo grado. In ballo c’era un patrimonio che gli inquirenti stimano in 54 milioni di euro.

Secondo la Dda e i giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Agrigento si tratta di beni acquisiti illecitamente grazie alla contiguità con la criminalità organizzata. Per la difesa - il collegio era composto dagli avvocati Salvatore Pennica, Angelo Mangione e Antonino Mormino - il provvedimento di primo grado “valorizzava degli indizi che sono stati inceneriti dalle sentenze di assoluzione”.

I fratelli Agrò, noti produttori e venditori di olio con aziende operative anche all’estero, sono stati coinvolti in un processo con l’accusa di essere i mandanti di un omicidio di mafia ma in seguito, dopo un’iniziale condanna all’ergastolo, sono stati assolti. Nella lista dei beni ben 58 immobili, tra fabbricati e terreni, in provincia di Agrigento ma anche a Giardini Naxos ed a Spoleto. E poi ancora dodici imprese con sede ad Agrigento e provincia, appartamenti e mezzi di varia natura. I giudici hanno confermato la confisca del solo capitale sociale dell’Isoa e dei relativi complessi aziendali restituendo tutto il resto dei beni che era stato requisito dalla Dia.

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