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Lunedì, 29 Aprile 2024

Violenza sulle donne, il procuratore: "Cultura, educazione e rispetto per imparare ad elaborare i nostri errori e a non tramutarli in aggressività"

Giovanni Di Leo, assieme al sostituto Maria Babara Cifalinò, hanno partecipato al liceo Scientifico "Leonardo" a "What i was wearning". Il dirigente scolastico Patrizia Pilato: "L'altro va considerato come bene prezioso da custodire e non violare"

Libertà, dovere di solidarietà, consapevolezza del se e prudenza sui social e sulle app di messaggeria. Sono stati molteplici, sulla violenza di genere ma non soltanto, gli spunti di riflessione e i richiami lanciati stamani dal procuratore Giovanni Di Leo e dal sostituto Maria Babara Cifalinò che al liceo Scientifico "Leonardo" hanno partecipato a "What i was wearning - La cultura della violenza di genere".

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"Cultura, educazione e rispetto. Sono queste le tre parole esaltate oggi dal procuratore Di Leo e dal sostituto Cifalinò e sono le tre parole su cui credo si debba fondare, come nel nostro caso, la mission della scuola - ha spiegato, ai microfoni di AgrigentoNotizie, il dirigente scolastico del liceo Scientifico Leonardo Patrizia Pilato - . Perché alla scuola tocca educare gli studenti alla cultura del rispetto che porta a considerate l'altro come 'bene prezioso da custodire e non violare'. L'educazione dei nostri ragazzi, attraverso queste iniziative di sensibilizzazioni alle quali noi crediamo tantissimo, deve partire dal presupposto che l'educazione all'affettività e alle relazioni deve essere parte integrante della formazione della personalità dei nostri giovani, affinché possano divenire degli adulti consapevoli. Consapevolezza significa capacità di discernimento".  

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"L'autonomia deriva, per ogni persona, dalla propria crescita culturale, dalla capacità di ragionamento, deriva dallo studio e dall'elaborazione interiore, del rapporto che si ha con gli altri. Se non si matura una capacità di elaborazione interiore di quello che viviamo - ha spiegato, toccando concretamente le corde dell'anima degli adolescenti che saranno uomini del futuro, il procuratore Di Leo - è chiaro che nel momento in cui si impatta in una situazione che ci crea 'dolore', disagio, come la fine di una relazione, e non siamo in grado di elaborare interiormente che quella storia è finita, che quella persona non ci desidera più, che quella persona non ci vuole, noi reagiamo male. Ma non è colpa di quella persona, è colpa della nostra incapacità di elaborare il dolore. E questa incapacità può essere colpa di disagio familiare, di mancanza di educazione all'affettività come la soluzione del problema. Dobbiamo essere consapevoli che siamo uomini e donne e che entrambi possiamo sbagliare, ma dobbiamo imparare ad elaborare i nostri errori e a non tramutarli in violenza" - ha sottolineato il capo dei pm di Agrigento - .

Il procuratore Di Leo ha richiamato l'attenzione dei tantissimi studenti che affollavano l'aula magna dello Scientifico Leonardo spiegando: "La violenza di genere è prevalentemente rivolta contro le donne, ma quotidianamente vediamo casi di donne che esercitano la violenza perché hanno problemi di carattere psichiatrico, di carattere sociale e lavorativo. Abbiamo casi di bambini maltrattati perché donne insoddisfatte vivono male la loro situazione e si sfogano contro i bambini. La violenza, all'interno dei nuclei familiari, non è solo di genere. E' un problema sociale, deriva dalla mancanza di cultura, dalla mancanza di rispetto verso l'altro. E questo ci porta alla narrazione del problema che è fuorviante. E questa narrazione errata rischia di incrementare il fenomeno. E' indubbio che c'è una forte discriminazione nei confronti del genere femminile, ad onta di tutte le leggi e i principi del nostro ordinamento - ha chiarito - . Questa discriminazione deriva dalla mancanza di cultura. Non deriva dal fatto che l'uomo è di per sé cattivo. Deriva dal problema che noi non riusciamo ad elaborare e a vivere il fatto che la nostra società è profondamente cambiata. Il problema non è che nasce perché le donne non stanno più a casa, ma perché molto spesso sono gli uomini che stanno a casa e le donne vanno a lavorare. E questo è un fenomeno di carattere sociale che non si risolve con l'educazione all'affettività. Il problema è l'idea di donna che si è formata nella società. Abbiamo - Di Leo, per far comprendere quanto il fenomeno abbia sfaccettature diverse, è sceso nel dettaglio - settantenni che non sopportano che le loro mogli, più giovani, vadano a lavorare, mentre loro sono già pensionati e vivono l'ossessione della gelosia perché vedono la donna come oggetto di possesso e non compagna della vita. Ma abbiamo anche quindicenni che uccidono la fidanzatina quattordicenne perché lo ha lasciato. Sempre donne sono le vittime, ma i fenomeni sono diversi, sono culturalmente diversi. Una narrazione semplificata di questi fenomeni ci porta a sbagliare e ci porta a cercare un rimedio taumaturgico in una nuova norma di legge, che non risolve il problema. Il problema può essere risolto soltanto nell'educazione".      

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