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Lunedì, 29 Aprile 2024
Tribunale / Racalmuto

Spedizione punitiva con coltello e pistola per rapinare l'interprete dei carabinieri? Assolti i sette imputati

L'accusa era di avere minacciato e preso a calci e pugni un afgano per impossessarsi di un telefonino: la stessa vittima ha ritrattato e i giudici hanno deciso il proscioglimento

Assoluzione dall'accusa di avere realizzato una violenta spedizione punitiva in piazza contro un trentenne afgano residente da anni a Racalmuto dove faceva l'interprete per i carabinieri.

Il verdetto, 4 anni e mezzo dopo i rinvii a giudizio, è stato emesso dai giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato con a latere Giuseppa Zampino e Michele Dubini.

Agli imputati (difesi, fra gli altri, dagli avvocati Salvatore Cusumano, Paolo Ingrao e Dario Crocifisso Granvillano) con posizioni diversificate si contestava di avere preso la vittima a calci, pugni e averla minacciata con pistola e coltello. Tutto per un telefonino di modesto valore. L'aggressione sarebbe avvenuta in piazza San Francesco il 27 luglio del 2017.

Le posizioni degli imputati, comunque, erano diversificate perché non tutti erano accusati delle violenze ma solo della ricettazione del telefono.

"Spedizione punitiva per sottrarre un cellulare": 7 rinvii a giudizio

Si tratta dei racalmutesi Alessandro Luigi Tirone, 30 anni; Angelo Salemi 24 anni e Massimiliano Alaimo, 30 anni e dei favaresi Erika Schembri, 36 anni e Alfonso Fallea, 29 anni. Le accuse contestate erano la tentata violenza privata in concorso, la rapina e la ricettazione.

Tirone, Alaimo, Salemi e Morreale, secondo l'ipotesi originaria che non ha retto al vaglio del processo, avrebbero minacciato il trentenne con una pistola e un coltello dopo averlo convinto con una scusa a raggiungerli in un vicolo.

Subito dopo - sempre secondo l'ipotesi che non ha retto al vaglio del processo - lo avrebbero violentemente colpito con calci e pugni e brandendo in mano un coltello lo avrebbero rapinato del telefono cellulare. Lo stesso, nei giorni successivi, sarebbe stato consegnato a Schembri e Fallea ai quali il pm contesta l’accusa di ricettazione. L’episodio è stato denunciato dalla vittima ai carabinieri che, con il coordinamento della Procura, hanno eseguito perquisizioni e sequestri e interrogato i testimoni.

La stessa presunta vittima, tuttavia, in un secondo momento si è presentata dai carabinieri per ritrattare il contenuto delle accuse tanto che lo stesso pubblico ministero Gaspare Bentivegna aveva chiesto l'assoluzione.   

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