"Nascose agli inquirenti l'identità dei killer che gli avevano sparato": la difesa di Nicotra chiede i domiciliari
I suoi legali, dopo la condanna a 5 anni e 4 mesi di cui 2 anni trascorsi in carcere, sollecitavano un'attenuazione della misura cautelare: dopo il no del gup deciderà il tribunale del riesame
Sarà il tribunale del riesame a decidere se scarcerare, come chiesto dalla difesa, il quarantenne favarese Carmelo Nicotra condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione nell'ambito dell'inchiesta Mosaico che ha fatto luce sulla faida Favara-Liegi che ha portato ad almeno cinque omicidi e una dozzina di agguati falliti.
A provocare la carneficina sarebbe stato l'omicidio dell'imprenditore Carmelo Bellavia, fiancheggiatore del boss Gerlandino Messina: la sua uccisione, avvenuta il 26 gennaio del 2015, ha aperto la strada a una rappresaglia fra due clan contrapposti.
Nicotra, scampato ad un agguato il 23 maggio 2017 in via Torino a Favara, non ha mai collaborato con la giustizia e ha sempre nascosto l’identità dei suoi attentatori. Il gup, al termine del processo con rito abbreviato, lo ha condannato per favoreggiamento personale, ricettazione, detenzione illegale di arma con l'aggravante - per tutte le ipotesi di reato - del metodo mafioso.
I difensori, gli avvocati Salvatore Cusumano e Samantha Borsellino, hanno chiesto al gup di concedergli gli arresti domiciliari con l'applicazione del braccialetto elettronico alla luce del fatto che ha già scontato 2 anni dei 5 anni e 4 mesi in carcere.
Richiesta che, tuttavia, è stata rigettata. I legali si sono, quindi, rivolti al tribunale del riesame che ha fissato l'udienza per il 26 luglio.