rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024

33 anni dopo l'omicidio di Livatino, don Luigi Ciotti: "Bisogna trovare il coraggio di avere più coraggio per collaborare"

Il sacerdote, a Santo Stefano Quisquina, ha analizzato ai microfoni di AgrigentoNotizie la situazione attuale: "Nei codici genetici dei mafiosi c'è un imperativo: rigenerarsi, sopravvivere. E allora tocca anche a noi essere persone che si rigenerano ancora di più, essere cittadini veri per estirpare il male non solo in superficie, ma alla radice"

"Bisogna trovare il coraggio di avere più coraggio. Abbiamo avuto testimonianze di persone che lo hanno fatto, si sono sacrificate, molte sono state anche emarginate, ma che hanno portato un grande contributo nel contrasto alla violenza criminale mafiosa. Oggi, in Italia, si è passati dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato, cioè nella coscienza della gente è diventato uno dei tanti problemi. E invece non lo è. La presenza criminale è ancora molto presente e molto viva". Trentatré anni dopo (era il 21 settembre del 1990) l'omicidio, da parte della Stiddra, del giudice Rosario Livatino, don Luigi Ciotti - da Santo Stefano Quisquina dove ha celebrato un matrimonio - ha lanciato un appello agli agrigentini e non solo ed ha analizzato la situazione attuale. "Loro si sono performati - dice, ad AgrigentoNotizie, il sacerdote che ha creato l'associazione 'Libera' - . Tocca anche a noi unire le nostre forze per diventare una forza propositiva, di cambiamento. Non possiamo delegarlo solo alla magistratura e alle forze di polizia. C'è la responsabilità che abbiamo come cittadini, di non esserlo ad intermittenza, a seconda dei momenti e delle emozioni. Se vogliamo bene al nostro Paese, ai nostri territori dobbiamo avere il coraggio di avere più coraggio. E quando vediamo delle cose che non vanno bene dobbiamo, trovando i modi giusti, di collaborare per la ricerca della verità e della giustizia. C'è chi lo ha fatto, non lasciamoli soli, valorizziamo le cose belle e positive che ci sono nei nostri paesi e città. Non dimentichiamoci che la presenza mafiosa c'è - ha tenuto a sottolineare il prete - e che oggi i grandi boss sono passati dalle forme più arcaiche di una volta ad essere manager e imprenditori del Paese. Si camuffano e sono presenti. E allora dobbiamo essere ancora più presenti noi". 

Don Ciotti è stato chiaro: "Non va dimenticato che l'ultima mafia è sempre la penultima. Quando vediamo le grandi operazioni di contrasto che vengono fatte, dobbiamo riconoscere la positività del lavoro di magistrati e forze di polizia, ma è la penultima mafia che è stata colpita. E questo perché nei codici genetici dei mafiosi c'è un imperativo: rigenerarsi, sopravvivere. E allora tocca anche a noi essere persone che si rigenerano ancora di più, essere cittadini veri per estirpare il male non solo in superficie, ma alla radice. Estirpare il male alla radice è un grande impegno educativo, culturale e delle politiche sociali". Il richiamo ai cittadini, un autentico "scossone" alle coscienze, è arrivato in coincidenza con il ricordo dell'agguato a Rosario Livatino, ammazzato mentre con la sua vecchia Ford Fiesta si stava spostando, lungo la statale 640, da Canicattì al tribunale di Agrigento. E lo faceva quotidianamente, senza alcuna scorta. 

"Livatino ha dimostrato la sacralità delle istituzioni, perché le istituzioni sono sacre. Dobbiamo distinguere fra la sacralità delle istituzioni e chi le governa - ha continuato, ai microfoni di AgrigentoNotizie, don Luigi Ciotti - . Nel nostro Paese, la stragrande maggioranza delle istituzioni le rendono sacre nel loro impegno civile, etica e del servizio per il bene comune. Ma c'è una minoranza che non è degna di rappresentare queste istituzioni, ma è una minoranza. Bisogna far emergere la maggioranza, la sacralità delle istituzioni. E dell'istituzione magistratura Rosario Livatino l'ha resa veramente sacra, anche con il sacrificio della sua vita. Era un ottimo magistrato, rispettava le regole, le faceva rispettare ed era capace di portare, nella sua professione, la dimensione di spiritualità e profondità nel servizio per il bene di tutti. In più aveva vissuto una testimonianza cristiana e una responsabilità civile, aveva saldato fortemente insieme queste dimensioni. La sua testimonianza resta un esempio per noi, lui lottava anche contro l'omertà, contro quelli che non hanno mai il coraggio di assumersi una parte di responsabilità".  

Video popolari

33 anni dopo l'omicidio di Livatino, don Luigi Ciotti: "Bisogna trovare il coraggio di avere più coraggio per collaborare"

AgrigentoNotizie è in caricamento