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Lunedì, 29 Aprile 2024
Giustizia amministrativa

Sottoposto ad atipica antimafia perché il padre ricevette sorveglianza speciale nel 1998: il Tar annulla tutto

A presentare ricorso ai giudici amministrativi è stato il figlio dell'uomo, titolare al 50% dell'azienda ittica colpita dal provvedimento della Prefettura

Si vide recapitare un'informativa atipica antimafia per la propria azienda ittica a causa del padre, soggetto di una misura di sorveglianza speciale 30 anni fa: titolare di un'azienda ottiene ragione da Tar e potrà tornare a contrarre con la pubblica amministrazione.

A rivolgersi ai giudici amministrativi era stato il titolare di un'impresa che nel 2018 aveva ricevuto un'interdittiva con annotazione da parte dell'Anac. Un provvedimento che appunto si basa esclusivamente sul fatto che il socio del ricorrente, padre del legale rappresentante (incensurato) è stato sottoposto nel lontano 1998 alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per due anni "a causa delle accertate frequentazioni con soggetti condannati per mafia, concretizzatesi nella partecipazione attiva alle attività criminali della stessa".

Nonostante la Prefettura avesse rilasciato informative liberatorie, pur essendo all'interno della compagine sociale il soggetto contestato (per il quale, tra l'altro, non è mai subentrata una fase di riabilitazione), alla fine l'interdittiva è stata emessa con tutte le conseguenze del caso.

Il Tar, dopo aver già accolto la sospensiva, ha adesso confermato anche nel merito l'accoglimento del ricorso del titolare del'impresa, rimarcando che "ai fini dell’interdittiva antimafia la Pubblica amministrazione può dare rilievo ai rapporti di parentela .... per la logica del più probabile che non, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto”.

Il semplice rapporto di parentela, insomma, non basta, anche perché il provvedimento erogato 23 anni fa "non fa desumere l’attuale vicinanza del predetto ad ambienti malavitosi".

Il Tar ha quindi accolto il ricorso e compensato le spese legali.

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