Il fascino dei dischi in vinile è senza tempo: mostra dedicata ai mitici “33 giri” al museo Griffo
C’è il drakon greco che Ennio Morricone volle come cover di Marco Polo nel 1982; il gargoyle che nello stesso anno segnò la nascita dei REM con Chronic Town e l'occhio che “tutto vede”: uno dei simboli più noti dell’antico Egitto che The Alan Parsons Project lanciarono per Eye in the Sky. Ed ancora il serpente bifaccia degli Aztechi che Vangelis scelse per Mask, la copertina di Paul Whitehead, i due innamorati medievali di Trespass dei Genesis. Poi la Sfinge di Gaza che finì sulla copertina di Hot in the shade (1989), quindicesimo album dei Kiss, il più lungo mai registrato dal gruppo. Insomma, archeologia a 33 giri o anche vinili trattati come pezzi da museo. Perché mai come adesso, quando il cd è ormai defunto, ecco che rinasce la passione per i dischi da ascoltare poggiando la puntina sul microsolco, per qualcosa che all’inizio degli anni Novanta sembrava destinato a morire e che oggi è diventato oggetto di culto per collezionisti di ogni età, anche giovanissimi che scoprono per la prima volta un oggetto che ha un “sapore”, un suono ed un feeling lontani anni luce dalla musica liquida.
E’ una mostra assolutamente sui generis quella che, patrocinata dal Parco archeologico e paesaggistico Valle dei Templi, sarà inaugurata venerdì 13 ottobre alle 17 al museo archeologico “Pietro Griffo” di Agrigento che la ospiterà fino al 7 aprile. E’ curata da uno speaker radiofonico e da un’archeologa.
Nata da un’idea di Filippo Barbaro, storico speaker radiofonico palermitano ed appassionato collezionista di vinili,“Archeologia a 33 giri. Vinili da museo” (questo il titolo della mostra) intende creare uno stretto legame tra il mondo musicale e quello artistico–archeologico. Si srotola su copertine di vinili su cui “l’immagine dominante, ricalca o è tratta da reperti archeologici, dalla preistoria all’antico Egitto ai precolombiani, dalla civiltà greca o romana al Medioevo” spiega l’archeologa Donatella Mangione.
Trovano spazio, in vetrine e pannelli, sia 12 cover originali, sia una trentina di riproduzioni video. “Gli “involucri” dei vinili, che nascono semplicemente con una funzione protettiva, diventano così originali prodotti d’arte” dice Filippo Barbaro. Il ristretto spazio di un LP è per gli artisti una sfida alla sintesi ed all’immaginazione creativa, deve rappresentare il prodotto musicale contenuto in rapporto al suo contesto culturale e di costume. L’immagine della copertina, quindi, è immediata percezione dell’opera musicale che supporta, richiamando o interpretando o annunciando il suo messaggio.
“Il prodotto artistico, volutamente, affida la sua fortuna al passato e diventa testimonianza di quanto, ancora nel nostro tempo, possa sopravvivere, pur se con altri linguaggi, il mondo antico forse solo apparentemente distante dalla sensibilità soprattutto dei giovani (consumatori di musica) e dalla loro percezione della realtà”: questa, in sintesi, la descrizione dell’iniziativa da parte del direttore del Parco Valle dei templi Roberto Sciarratta e del responsabile del museo Griffo, Giuseppe Avenia, che ha coordinato il gruppo di lavoro.