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Cronaca Licata

Omicidio Carità, il presunto killer compare davanti al Gip

Il giudice dovrà decidere se convalidare il fermo il cui unico presupposto, insieme alla gravità del quadro indiziario, è la sussistenza del pericolo di fuga

Oggi, alle 10, davanti al gip Alessandra Vella: il sessantunenne Orazio Rosario Cavallaro, sottoposto a fermo da parte della Procura con l’accusa di essere il killer che ha ucciso, lo scorso 2 aprile, giorno di Pasquetta, il coetaneo Angelo Carità, di Licata, potrà tentare di spiegare al giudice perché le tracce di sangue della vittima, uccisa con due colpi di pistola calibro 9, sono finite sul suo giubbotto. Cavallaro, originario di Catania ma da tanti anni residente a Ravanusa, vecchia conoscenza degli inquirenti per il coinvolgimento nell’inchiesta antimafia "Cocktail" e in altre vicende di minore calibro, è stato fermato martedì mattina dai carabinieri. Il provvedimento, firmato dal procuratore Luigi Patronaggio, dall’aggiunto Salvatore Vella e dal pm Simona Faga, è stato disposto perché si riteneva che potesse fuggire in Germania dove avrebbe avuto contatti di vario tipo.

Il gip, che aveva disposto nei suoi confronti le intercettazioni, durante le indagini, dovrà decidere se convalidare il fermo il cui unico presupposto, insieme alla gravità del quadro indiziario, è la sussistenza del pericolo di fuga. Anche se dovesse ritenere che Cavallaro, che ha nominato come difensore l’avvocato Antonino Casalicchio, non stesse fuggendo, potrebbe applicare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e, nella sostanza, non cambierebbe nulla. Il ravanusano potrà decidere di rispondere alle domande oppure avvalersi della facoltà di non rispondere. Secondo gli inquirenti sarebbe lui il killer di Angelo Carità, bracciante agricolo di 61 anni, freddato a Licata la mattina della scorsa Pasquetta.

Cavallaro è indagato per le ipotesi di reato di omicidio volontario e porto abusivo di arma da fuoco. Altre due persone sono state iscritte nel registro degli indagati, ma non per l’omicidio. I due sono accusati di favoreggiamento.

L’inchiesta non è chiusa. Il fatto che non vi fosse un collegamento diretto fra l'omicida e la vittima fa presupporre ai pm che sia stato mandato da qualcuno per commettere questo delitto. Per gli inquirenti è stata una vera e propria esecuzione: chi ha agito ha seguito la vittima, ne ha studiato i movimenti, si è fermato ad una distanza di sicurezza, poi si è avvicinato ed ha sparato diversi colpi con una calibro 9 che non è stata ritrovata. Una pistola illegalmente detenuta. Il bracciante non è morto sul colpo. L’ipotesi, fra le righe, è che possa essersi trattato di una vendetta. Angelo Carità, era stato condannato, all’inizio di febbraio del 2017, dalla Corte di Assise di Agrigento, all’ergastolo, per il delitto di Giovanni Brunetto. Secondo la Corte, l’imprenditore agricolo di Licata avrebbe ucciso Brunetto, di tre anni più giovane, perché quest'ultimo si era accorto di essere stato – secondo la ricostruzione dell’accusa - truffato e rivoleva indietro i soldi. 

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