La morte di Chiara La Mendola, il fratello: "Volevano comprare il mio silenzio"

“Io sono un pluripregiudicato e sto pagando per i miei errori. Mia sorella è morta per un’amministrazione distratta e inefficiente, devono pagare anche loro”. Ignazio La Mendola, fratello della povera Chiara, morta a 24 anni, il 30 dicembre del 2013 in un incidente stradale, nel viale Cavaleri Magazzeni, sfoga in aula la sua rabbia e lancia una serie di accuse all’ex sindaco Marco Zambuto e al suo entourage.

Il processo, in corso davanti al giudice monocratico Giuseppe Miceli, è quello a carico del dirigente dell’Ufficio tecnico Giuseppe Principato e del funzionario Gaspare Triassi, accusati di omicidio colposo perché – secondo la Procura – non avrebbero provveduto, pur essendone a conoscenza, a eliminare o segnalare il pericolo consistente nella presenza di una buca sull’asfalto. Sarebbe stato, infatti, il dissesto (non visibile perché coperto d’acqua piovana) a provocare la perdita del controllo del mezzo e lo scontro mortale contro un’auto che proveniva dalla corsia opposta.

La Mendola, che nel processo è parte civile con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Pennica (gli altri familiari sono assistiti da Giuseppe Arnone), ha raccontato che “fin dai primi istanti si puntò l’indice sulla presenza della buca e il sindaco di allora Marco Zambuto volle rabbonirci offrendoci denaro”.

La Mendola racconta di una consegna iniziale di 250 euro “all’obitorio, da parte del suocero”. Poi si spinge molto oltre dicendo che, con la complicità di due avvocati vicini a Zambuto, gli avrebbe prima dato 1.200 euro, con un assegno alla moglie, attraverso un escamotage, e poi gli sarebbero stati promessi 50 mila euro. “Volevano tenerci buoni”, ha spiegato.