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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Rivolta in carcere dopo punizione a detenuto, in sei a giudizio per aggressione ad agenti

I reclusi del reparto "alta sicurezza" del Petrusa non avrebbero gradito il provvedimento disciplinare

“Ti scippo la testa e ci gioco a pallone, pezzu di sbirru inutile”. Un procedimento disciplinare nei confronti di due detenuti suscita la sommossa di sei carcerati della sezione “alta sicurezza” dove vi sono i reclusi per reati di criminalità organizzata. La vicenda, relativa a un episodio avvenuto l’11 gennaio del 2018, approda in aula per il processo dove ci sono già stati un paio di passaggi preliminari.

Il pubblico ministero Emiliana Busto ha disposto la citazione diretta a giudizio per Rosario Moscato, 29 anni; Paolo Vitellaro, 29 anni; Antonino Capizzi, 36 anni; Alfonso Fiammetta, 46 anni; Gaetano Licata, 36 anni e Pietro Giuseppe Flamia, 62 anni. L’accusa per tutti è di resistenza a pubblico ufficiale. “Oggi l’ispettore e il suo assistente – avrebbe detto Capizzi – hanno fatto un abuso ai detenuti Moscato e Vitellaro.. se vengono a sfidarci non ci vuole poi tanto a prendere uno sgabello e ad aprirgli la testa in due”. Vitellaro, inoltre, afferrato per il bavero il poliziotto penitenziario e lo avrebbe strattonato per il braccio”.

Le proteste e le minacce, secondo quanto ipotizza il pm, sarebbero state finalizzate – da lì l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale – al compimento dell’atto di servizio che consisteva nell’applicazione del procedimento disciplinare successivo a una precedente aggressione nei confronti degli agenti penitenziari. “Ispettore - avrebbe detto Fiammetta -, il suo collega ci ha mancato di rispetto. Ha sfidato il detenuto Vitellaro e pertanto se lo vedo al reparto gli spacco la testa e gli faccio vedere io come avviene una vera aggressione da parte dei detenuti.

I sei imputati (difesi, fra gli altri, dagli avvocati Giovanni Castronovo, Salvatore Cusumano, Chiara Proietto, Giuseppe Bongiorno e Rosalia Zarcone) saranno processati, in una data che sarà fissata successivamente all’emergenza Coronavirus, davanti al giudice Giuseppe Sciarrotta. 

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