rotate-mobile
Sabato, 27 Aprile 2024
Salute

I fattori di rischio (meno noti) che causano l’infarto

Un ampio studio dimostra perchè condizioni come la gotta, la psoriasi e la malattia infiammatoria intestinale possono favorire la comparsa delle malattie cardiovascolari

Il numero di morti legati a problemi cardiaci è in costante aumento da oltre 20 anni. Se oggi si contano circa 17,6 milioni decessi all’anno, si stima che nel 2030 i morti saranno 24 milioni (rapporto 2019 dell'American Heart Association). Un trend preoccupante che fa delle malattie cardiovascolari la principale causa di morte nel mondo e in Italia, dove si registrano 240 mila decessi ogni anno. La più comune malattia cardiaca è la malattia coronarica (prima causa dell'infarto), determinata dall’accumulo di placche (depositi di grassi) sulle pareti delle arterie. Per ridurre l’impatto della malattia aterosclerotica è possibile 'modifiare' fattori di rischio come colesterolo, ipertensione, diabete, obesità, fumo e alcol. Ma oltre a questi fattori ‘noti’ esistono anche fattori ‘meno noti’ sui quali poter agire.

Secondo una ricerca anche condizioni che causano un'infiammazione cronica del corpo - come la gotta (una malattia del metabolismo), la psoriasi, la malattia infiammatoria intestinale e l'artrite reumatoide - sono fattori di rischio per le malattie cardiache. Da oltre 20 anni si parla di "ipotesi infiammatoria" nel meccanismo di formazione, crescita, e rottura della placca aterosclerotica. Questa ricerca ha finalmente fornito prove della sua validità. "Questo cambiamento nel modo in cui pensiamo ai fattori di rischio per la malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) - hanno dichiarato i ricercatori - può permetterci di identificare meglio i pazienti che sono a rischio di infarti e ictus. Inoltre, questo potrebbe consentirci di concentrarci sul trattamento dell'infiammazione al fine di ridurre il rischio cardiovascolare".

Come l’aterosclerosi causa l'infiammazione

Per capire perché l’aterosclerosi è una condizione infiammatoria, bisogna indagare sul suo sviluppo. Si ritiene che questa condizione origini da una qualche forma di lesione dell'endotelio, strato di cellule che riveste vasi sanguigni e linfatici e del cuore. Ciò può essere causato da alti livelli di colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL), noto come "colesterolo cattivo", oppure dalle tossine contenute nelle sigarette che possono irritare il rivestimento delle arterie e causare questa lesione iniziale. Quando le cellule endoteliali sono danneggiate, rilasciano segnali chimici che attirano nel sito i globuli bianchi (cellule del sistema immunitario presenti nel sangue) che a loro volta entrano nella parete dell'arteria e causano infiammazione. Non solo, i globuli bianchi consumano anche il colesterolo nelle pareti dell'arteria, portando alla formazione di "strisce grasse", uno dei primi segnali di aterosclerosi.

Questo processo a carico delle cellule endoteliali, l'infiltrazione di globuli bianchi e l'infiammazione cronica può protrarsi in maniera silenziosa (senza sintomi) nel corso degli anni, portando all'accumulo di placca nelle arterie. Ciò spiegherebbe perché le persone che soffrono di condizioni infiammatorie croniche sono più a rischio di malattie cardiovascolari.

Quando l'infiammazione delle arterie può causare un infarto

Un infarto si verifica quando una placca nell'arteria che irrora il cuore diventa 'instabile', cioè è suscettibile a erosione spontanea o rottura. Se la placca si rompe, porta alla formazione di un coagulo nell'arteria e all'interruzione dell'afflusso di sangue al muscolo cardiaco. Le persone che subiscono un infarto spesso hanno un aumento dei livelli di infiammazione e instabilità della placca nei giorni e nelle settimane precedenti l'evento. Pertanto, l "attacco di cuore" e il conseguente danno al muscolo cardiaco possono essere visti come l’apice raggiunto da questo processo infiammatorio 'instabile'.

La proteina c-reattiva per misurare l’infiammazione

Questo processo infiammatorio cronico avviene in modo silenzioso, pertanto molti pazienti senza fattori di rischio ‘noti’ per le malattie cardiache non sono consapevoli di essere a maggior rischio di malattie cardiache. Ma per fortuna c'è un modo per misurare l'infiammazione nel corpo, attraverso un esame del sangue che rileva i livelli di proteina c-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP). Le persone con livelli elevati di hs-CRP hanno un aumentato rischio di infarti e ictus così come coloro che hanno livelli elevati di colesterolo LDL. I soggetti che presentano entrambi sembrano avere, come dimostrato da alcuni studi, il più alto rischio di malattie cardiovascolari.

Un anti-infiamattorio potrebbe ridurre il rischio di infarto e ictus

Un ampio studio clinico, denominato "Cantos" (Canakinumab ANti-inflammatory Thrombosis Outcomes Study), ha testato l'ipotesi dell’origine infiammatoria delle malattie cardiovascolari trattando oltre 10 mila pazienti, che avevano avuto un infarto e avevano alti livelli di hs-CRP, con un farmaco anti-infiammatorio chiamato canakinumab (un anticorpo monoclonale che blocca l’interleuchina-1 beta (IL-1β), citochina pro-infiammatoria, e che viene solitamente utilizzato per la cura dell’artrite gottosa, malattie autoimmuni e sindromi infiammatorie). I ricercatori, volevano testare l’ipotesi secondo cui, riducendo la componente infiammatoria, ma senza agire sui livelli di colesterolo, si ridurrebbe il rischio di eventi cardiovascolari.

Come previsto, il farmaco ha ridotto i livelli di hs-CRP e ridotto in maniera significativa il numero di attacchi di cuore in questi pazienti, ma ha anche aumentato il rischio di infezioni nei pazienti. Pertanto, il canakinumab non è un canditato per il trattamento dell'ASCVD. Ciononostante, lo studio è considerato rivoluzionario perché ha dimostrato che l'infiammazione svolge un ruolo importante nell'ASCVD. Su questa scia, altri studi stanno ora testando altri farmaci anti-infiammatori più economici, come la colchicina e il metotrexato, per ridurre l'infiammazione e prevenire la progressione delle malattie cardiovascolari.

Agire sullo stile di vita e la dieta per ridurre l’infiammazione

In attesa di un farmaco anti-infiammatorio sicuro ed efficace, è possibile ridurre l'infiammazione, e quindi la possibilità di sviluppare malattie cardiache, modificando la dieta e lo stile di vita. Tra le raccomandazioni principali c'è lo smettere di fumare, l'eliminare i cibi ultra processati (che promuovono un generale stato di infiammazione) introducendo parallelamente nell'alimentazione frutta, verdura, cereali integrali e pesce grasso, praticare una regolare attività fisica. E, ancora, combattere l'obesità: mentre il trasporto di peso in eccesso sembra causare infiammazione cronica, perdere peso sembra ridurre l'infiammazione. Anche lo stress può indurre una risposta infiammatoria cronica di basso grado nel corpo, pertanto è importante cercare di tenere bassi i livelli di stress. Infine, è fondamentale mantenere una pressione sanguigna regolare, un livello di colesterolo basso e un indice di massa corporea sano (i marcatori tradizionali del rischio di malattie cardiache).

(fonte: Today

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

I fattori di rischio (meno noti) che causano l’infarto

AgrigentoNotizie è in caricamento