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Sabato, 27 Aprile 2024
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Quali pesci mangiare (e quante volte a settimana) per prevenire infarto e ictus

Il consumo regolare di pesci grassi (contenenti Omega 3) riduce il rischio di malattie cardiovascolari anche in chi ha una predisposizione genetica

Il numero di persone che muoiono per malattie cardiovascolari è in costante aumento da oltre 20 anni. Se oggi si contano circa 17,6 milioni decessi all’anno, si stima che nel 2030 i morti saranno 24 milioni (rapporto 2019 dell'American Heart Association). Un trend preoccupante che fa di queste malattie la principale causa di morte nel mondo e in Italia, dove si registrano 240 mila decessi ogni anno. Per ridurne l'impatto bisogna 'modificare' i principali fattori di rischio come colesterolo, ipertensione, diabete, obesità, fumo, alcol e sedentarietà. Smettendo di fumare, riducendo il consumo di alcol, muovendosi di più e seguendo una dieta povera di grassi saturi (contenuti ad es. nei formaggi grassi e nella carne rossa) e ricca di Omega 3 (contenuti ad es. nella frutta secca e nei pesci grassi), vegetali e frutta, è possibile ridurre il rischio di infarto e ictus. 

A tal proposito una nuova ricerca, condotta dal FORCE (una rete di oltre 100 ricercatori ed esperti in tutto il mondo) e guidata dai ricercatori del Karolinska Institute (Svezia), ha dimostrato che anche le persone con una storia familiare di malattie cardiache, come l'angina instabile, l'infarto, l'arresto cardiaco e l'ictus, possono trarre benefici (anche maggiori) dal consumo di più pesce azzurro. Sino ad ora la familiarità, come l’età, sono stati considerati fattori di rischio "non modificabili". Con questa nuova ricerca si è scoperto che in alcuni casi le abitudini sane possono superare anche il rischio genetico (la predisposizione familiare). I risultati sono stati pubblicati su Circulation, rivista scientifica dell'American Heart Association.

Omega 3 e rischio cardiovascolare

Gli Omega-3 (acido alfa-linolenico o ALA, acido docosaesaenoico o DHA, e acido eicosapentaenoico o EPA) sono grassi "buoni" considerati essenziali per molte funzioni dell’organismo. Sono stati collegati a un sistema immunitario più forte, alla riduzione dell’infiammazione e all’abbassamento della pressione sanguigna e dei trigliceridi, riducendo il rischio di malattie cardiache e declino cognitivo. Il corpo umano può convertire piccole quantità di ALA in EPA e DHA, ma Il modo principale in cui l'organismo assimila questi acidi grassi è consumando cibi e integratori che contengono Omega-3. Pertanto, come suggeriscono gli esperti, la dieta dovrebbe esserne ricca.

Lo studio

Come dimostrato da molti studi sui gemelli, le malattie cardiovascolari sono in una certa misura ereditarie, tuttavia la ricerca non è stata ancora in grado di identificare i geni che le controllano. "Un'ipotesi - ha affermato la ricercatrice capo Karin Leander - è che si tratti di una combinazione di genetica e ambiente”. Pertanto, lei e i suoi colleghi hanno esaminato l’effetto dell’interazione tra la storia familiare e l'assunzione alimentare di acidi grassi Omega 3. I ricercatori hanno, quindi, raccolto i dati di oltre 40.000 persone (quasi 8.000 delle quali hanno sviluppato problemi cardiaci come angina instabile, infarto, arresto cardiaco e ictus) e misurati nel sangue e nei tessuti i livelli di acidi grassi Omega-3.

"Questi livelli - ha spiegato Leander - sono una misura più affidabile dell’assunzione alimentare di pesce azzurro di una persona e sono più affidabili dei dati dietetici auto-riferiti dalle persone". "Siamo i primi - ha continuato - a studiare l'effetto della combinazione di storia familiare e consumo di pesce grasso utilizzando misurazioni degli acidi grassi".

Gli acidi grassi riducono il rischio di infarto (anche se c’è familiarità)

L’analisi ha dimostrato che coloro che avevano sia un parente stretto, come un genitore o un fratello, con malattie cardiovascolari, sia bassi livelli di acidi grassi Omega-3 EPA/DHA, avevano un rischio maggiore del 40% di malattie cardiovascolari. Tuttavia, se una persona aveva livelli adeguati di acidi grassi Omega-3, e una storia familiare di problemi cardiaci, il rischio era solo del 25%. "Lo studio, quindi - ha precisato Karin Leander -, suggerisce che coloro che hanno una storia familiare di malattie cardiovascolari hanno più da guadagnare dal mangiare più pesce azzurro rispetto ad altri".

Quante porzioni di pesce grasso mangiarne a settimana

Gli acidi grassi ALA si trovano soprattutto nelle noci e in alcuni oli vegetali, come semi di lino, soia e colza. Gli acidi grassi EPA e DHA, invece, soprattutto nelle ostriche e nei pesci grassi come salmone, sardine, sgombro, aringhe, trota di lago e tonno bianco. A tal proposito, l’American Heart Association consiglia di mangiare due porzioni di pesce grasso (170 gr) a settimana per ridurre il rischio di malattie cardiache e ictus.

La National Academy of Medicine raccomanda in particolare agli uomini di consumare 1,6 gr di ALA al giorno e alle donne 1,1 gr al giorno. Nel caso di donne incinte o che allattano, il consumo deve essere incrementato. Secondo un'analisi del 2022, pubblicata sul Journal of American Heart Association, il consumo di 3 gr al giorno di EPA e DHA, come alimento (=140 gr di salmone) o in forma di integratore, può aiutare ad abbassare la pressione sanguigna (uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari insieme a colesterolo alto, diabete, obesità, fumo, alcol).

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