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Psicologia della notizia: Un tempo in... terminabile

Undici e 12 novembre 2011: due giornate intense di riflessioni e relazioni intorno ad un tema...

Undici e 12 novembre 2011: due giornate intense di riflessioni e relazioni intorno ad un tema così tanto attuale ma ancora così tanto temuto quale quello della morte o forse, per meglio dire, delle “cure di fine vita”. Due giornate che hanno aperto il Primo congresso regionale organizzato dall’Uo. Hospice Clinica del Dolore di Agrigento nella suggestiva e calorosa cornice del Teatro Pirandello, tra una variopinta e variegata adunanza di relatori e uditori. E in più, come dato che ha rinforzato il significato dell’evento una moltitudine di ragazzi, adolescenti, che hanno mostrato la loro piena sensibilità attorno a dei temi così delicati e intensi; al di là di quei luoghi comuni che li vedono protagonisti inefficienti di una realtà incompresa.

Ma cos’è il dolore? Cosa sono le cure di fine vita? “Il dolore rappresenta il mezzo con cui l'organismo segnala un danno tissutale". È questa la prima definizione che possiamo trovare consultando qualsiasi dizionario perché da impatto, parlando di dolore, viene facile pensare e fare riferimento a qualcosa che danneggia il nostro corpo, il nostro fisico, il nostro organismo, quella composizione di cellule e tessuti di cui tutti siamo fatti, indistintamente. Ma il dolore, oltre ad essere un’esperienza sensoriale, è anche un’esperienza emozionale, che è del tutto privata, intima e soggettiva e che rappresenta la vera e propria esperienza del dolore.

Il dolore è la risposta emozionale ad una circostanza in cui si riscontra una mancanza o una perdita. Ma quando questa mancanza è forzatamente generata da una malattia che oltre al fisico coinvolge prepotentemente anche lo psichico? Si sa bene quante malattie siano legate al dolore e ancor più quanto il dolore derivante da una malattia neoplastica sia invalidante più della malattia stessa. Il cancro è anche questo, quindi, spesso: ci si ritrova d’improvviso con la mancanza di certezze, a fronteggiare  paure, ansie e angosce, con quella malattia che mette lentamente a contatto con il dolore più grande (oltre ovviamente alle infinite dimensioni della propria esistenza turbate):  la perdita della dimensione temporale e il contatto con la finitudine della vita. Ed appare a me suggestiva e aderente a queste riflessioni la metafora utilizzata dallo psicoanalista Armando B. Ferrari (2005) che voglio donarvi. Ferrari parla del “pulviscolo di Giotto”; riferendosi all’opera di restauro iniziata dopo il violento terremoto che, nel 1997, danneggiò la Basilica di San Francesco ad Assisi all’interno della quale si trovava una importante serie di affreschi di Giotto.   

Sebbene questi affreschi siano stati praticamente polverizzati dal terremoto, un’èquipe di tecnici ne ha ricostruita una parte. Analogamente, psicologo e paziente, nel percorso terapeutico, possono ricostruire un nuovo modo di pensare la vita, anche a partire da situazioni che possono far pensare ad una “polverizzazione” delle capacità di vivere la vita con gioia e pienezza, anche quando di queste capacità non rimangono che semplici frammenti. L’ipotesi tecnico-clinica nata da queste considerazioni si riferisce alla possibilità, dunque, di riuscire a vivere la propria vita con intensità – e a far promuovere questa possibilità – nell’unico tempo, quello presente, quel riempire ogni istante anche di cose minute, indipendentemente dal tempo che ci resta da vivere. Non rimane allora che assolutizzare il tempo, “frantumandolo” così da dilatarlo in modo tale che ogni momento contenga in sé tutto il tempo vivibile. Per analogia, dunque, il protocollo  proposto da Ferrari può permettere a  colui che si prende cura di chi vive la catastrofe che polverizza la sua vita e che sta per morire ad aiutare il paziente a vivere il tempo che gli resta, prendendo in considerazione segmenti minutissimi di tempo così da concedersi di vivere tutto ciò che è possibile vivere nelle condizioni attuali e nell’unico momento in cui è possibile vivere: il presente. Un tempo, quindi, che si costruisce sul fare, sul vivere, sull’essere dentro ogni frammento di esperienza, privo ormai della possibilità di nutrirsi di speranze o di promesse.

Dott.ssa Florinda Bruccoleri Psicologa,
psicooncologa ed esperta in psicologia forense
Per contatti: florinda.bruccoleri@agrigentonotizie.it

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