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Sabato, 27 Aprile 2024
L'intervista

Nessuna iniziativa per ricordare le vittime innocenti, Di Leo: "Senza memoria non vi è cura dalla malattia mafiosa, non si generano gli anticorpi necessari"

Nella giornata nazionale dell'impegno a non dimenticare, il procuratore richiama gli istituti scolastici e le istituzioni: "Senza la consapevolezza di quanto accaduto, non si insegna a riconoscere il problema, a vedere il pericolo"

Sessantaquattro anni fa l'omicidio, al viale Della Vittoria di Agrigento, di Ninni Diamanti: lo studente liceale che venne ucciso per errore dall'assassino del commissario capo Cataldo Tandoy, ex dirigente della squadra mobile di Agrigento e responsabile dello schedario criminale a Roma dove si stava per trasferire definitivamente con la moglie. Più di recente, il 23 luglio del 1991, per quella che fu la prima strage di Racalmuto durante la guerra fra Cosa Nostra e Stiddra, l'omicidio di Ajmed Bizguirne, 26 anni, immigrato di Casablanca che viveva ad Aragona e faceva il venditore ambulante. Ajmed, come ogni sera, montava la sua bancarella in piazza Matrice a Racalmuto da dove non ebbe tempo di fuggire. E poi, sempre nel "paese della ragione", il 5 novembre del 1992, l'uccisione del 32enne Carmelo Anzalone che in paese era ritornato, da Viterbo dove viveva e lavorava, per la ricorrenza dei morti e portare un fiore sulla tomba del padre. Anzalone, alle ore 19 circa, stava uscendo dalla macelleria, con i sacchetti di carne in mano, quando fu accidentalmente freddato in quella che fu la seconda strage. Delitti - sono soltanto alcuni che hanno scosso l'Agrigentino - rimasti nelle cronache nazionali, ma sui quali è di fatto caduto l'oblio. Un silenzio assordante, specie oggi che è la "Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie". 

... gli istituti scolastici di ogni ordine e grado promuovono, nell'ambito della propria autonomia e competenza, nonché delle risorse disponibili a legislazione vigente, iniziative volte alla sensibilizzazione sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta alle mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie. Al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche, possono essere altresì organizzati manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri, momenti comuni di ricordo di fatti e di riflessione, nonché iniziative finalizzate alla costruzione, nell'opinione pubblica e nelle giovani generazioni, di una memoria delle vittime delle mafie e degli avvenimenti che hanno caratterizzato la storia recente e i successi dello Stato nelle politiche di contrasto e di repressione di tutte le mafie". 

Legge n. 20 dell'8 marzo 2017

In queste ore, più alunni di diverse scuole di Agrigento stanno prendendo parte alla manifestazione, promossa da Libera, a Palermo. Nessuna manifestazione invece nella città dei Templi. AgrigentoNotizie, nella "Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie", ha incontrato il procuratore della Repubblica, Giovanni Di Leo. E con lui ha analizzato quella che, quest'anno, sembra essere una mancanza di memoria. 

Procuratore, oggi è il giorno della memoria e dell'impegno. Agrigento non lo sta facendo ... 

"Non basta, forse, la figura di Ninni Diamanti a suscitare un ricordo, in una giornata a questo dedicata e che, per gli istituti scolastici, non costituisce facoltà. Il verbo 'promuovono', all'indicativo presente, non indica una possibilità. Esprime quantomeno un dovere morale delle istituzioni scolastiche, ma anche delle altre istituzioni di questa città e provincia che l'anno prossimo si prepara a mostrarsi alla ribalta nazionale come Capitale italiana della cultura. Nella cultura di questa terra non si dovrebbe sempre e comunque tenere conto della memoria di quanto accaduto? Se dimentichiamo un giovane innocente assassinato come possiamo, come dice la legge, 'conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche'. Come dimenticare la memoria di Giuseppina Diamanti, la madre di Ninni, espressione massima del dolore di una madre e della ribellione all'ingiustizia. Come è stato scritto, in un bell'articolo di qualche anno fa, Giuseppina - ricorda, carte alla mano, il procuratore Di Leo - 'non si stancherà mai di chiedere giustizia, tanto sa pressare continuamente gli inquirenti per costringerli a continuare le indagini, a tempestare di lettere i parlamentari siciliani, il capo dello Stato, il papa per invitarli a non spegnere l'attenzione sul caso. È stata ricevuta in udienza dal presidente Gronchi e dal ministro di Grazia e Giustizia i quali le hanno promesso il loro interessamento. Non è servito, tanto che nel 1962 decise di andare a piedi da Agrigento a Roma per sollecitare ancora l'intervento del capo dello Stato'. Giuseppina Diamanti è rimasta vittima dell'omicidio, tanto quanto suo figlio. Vittima di un dolore che non può trovare consolazione se non parziale e solo nella giustizia e nella fede nelle istituzioni democratiche che, in quel caso, come in altri purtroppo, fallirono il loro compito".

S'è persa definitivamente la memoria? Ma di mafia si continua a morire ... 

"Ninni Diamanti non è stata la sola vittima innocente della mafia o di altre forme di criminalità organizzata. Di questa memoria occorrerebbe fare partecipi gli studenti, le generazioni odierne che non sanno perché nessuno insegna loro cosa è stata la vita di questa provincia nella seconda metà del secolo scorso. Perché viviamo in un'epoca nella quale la memoria collettiva non oltrepassa la resistenza di un post o di una storia su un social media, ma anche perché le nostre istituzioni vengono meno ai loro compiti di 'promuovere' su questo tema la memoria delle giovani generazioni. In questa provincia, in Sicilia, o per arrivare agli ultimi fatti di cronaca del ragazzo di Napoli ucciso da un diciassettenne, si piange ogni giorno qualcuno morto per caso, o per essere parte di un mondo a sua volta morente. Perché si mafia si muore e basta".

Procuratore, questo tratteggiato è un quadro sconfortante ... 

"In provincia di Agrigento vi sono stati tra il 1986 e il 1992 circa 300 morti per le guerre di mafia. Non vi sono più neanche le statistiche. I parenti degli uccisi sono a loro volta vittime. Nella nota strage di Porto Empedocle del 1986 rimasero vittima dei killer di Palma di Montechiaro alcuni innocenti avventori del bar dove furono trucidati i componenti della famiglia Grassonelli: Antonio Morreale, seduto al tavolo del bar con la moglie, e Filippo Gebbia. Le loro famiglie sono tutte vittime innocenti al pari degli uccisi. Il loro dolore non è stato curato da una sentenza di condanna, ma almeno hanno avuto la possibilità di vedere gli assassini condannati. Una sentenza non è la soluzione, né la cura del problema. Ma senza la consapevolezza di quanto accaduto, senza la memoria non vi è cura dalla malattia mafiosa, non si generano gli anticorpi necessari, non si insegna a riconoscere il problema, a vedere il pericolo per le istituzioni democratiche. Questo è il senso della legge che ha istituito la 'Giornata della memoria' soltanto 7 anni fa. E speriamo di non dimenticarlo negli anni a venire. Speriamo che la 'memoria' fermi l'opera di sostanziale smantellamento di ciò che, per il sangue che è stato versato, è stato nel tempo costruito, sotto il profilo normativo e giurisprudenziale, in circa trent'anni. Con la inevitabile imperfezione della natura umana, ma con una finalità precisa e costituzionalmente ancora indispensabile: tutelare la libertà di tutti, della quale la mentalità mafiosa costituisce la prima negazione".     

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