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Omicidio Marzullo, svolta nell'inchiesta: fermato il nipote

Giuseppe Volpe di 19 anni avrebbe anche aiutato gli investigatori a ritrovare l'arma del delitto: la pistola calibro 9 che era stata gettata in un canalone  

Ci hanno impiegato meno di 12 ore. Già prima che sorgesse il sole, i poliziotti del commissariato di Licata, quelli della Squadra Mobile di Agrigento ed i carabinieri della compagnia di Licata - tutti coordinati dal sostituto procuratore Carlo Cinque - avevano un quadro chiaro. Netto. Ad uccidere il tuttofare (perché svolgeva la professione di agricoltore ma anche quella di muratore) Giacinto Marzullo, 52 anni, di Licata sarebbe stato il nipote: Giuseppe Volpe di 19 anni. 

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Determinanti sono state le audizioni dei familiari. Ed è proprio durante queste audizioni che la Squadra Mobile - coordinata dal dirigente Giovanni Minardi - avrebbe notato delle contrapposizioni fra i racconti di alcuni familiari della vittima. Messi alle strette, uno dei testimoni - durante quello che è poi diventato una sorta di interrogatorio - è crollato ed ha iniziato a ricostruire i fatti. 

A fare sospettare qualcosa, già durante il primissimo intervento dei soccorritori e della polizia, era stata quella telefonata al 118. Una chiamata non anonima, ma con tanto di nome e cognome: quelli della sorella della vittima. Una donna che, quando l'ambulanza del 118 è arrivata sul posto, però non c'era. E questa sua assenza è risultata, agli investigatori, naturalmente, sospetta. Ma è stata una assenza momentanea perché, poco dopo, la donna è tornata nei pressi della rotonda di Mollarella, ossia dove c'era il corpo senza vita del fratello.  

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