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Licata Licata

"Maltrattamenti nella comunità per disabili", psichiatra esamina le vittime

Il medico dovrà riferire se gli ospiti della struttura che hanno denunciato violenze sono attendibili

Sarà il neuropsichiatra Francesco Vitrano a riferire se i disabili psichici ospiti della struttura per disabili sono in grado di testimoniare e se i loro racconti delle presunte violenze subite, fatte agli inquirenti, sono di conseguenza utilizzabili al processo. Il 18 gennaio dell’anno scorso il gip Alessandra Vella, su richiesta del pubblico ministero Alessandro Macaluso, ha emesso l’ordinanza cautelare nei confronti degli operatori della struttura di Licata che secondo gli inquirenti sarebbe stata trasformata in un lager. Otto gli indagati. Si tratta di operatori in servizio con vari incarichi nella struttura di accoglienza. L’operazione è stata denominata “Catene spezzate”. 

Uno degli episodi principali al centro dell’inchiesta è stato immortalato dalle telecamere dei carabinieri piazzate di nascosto dopo essere entrati nella struttura insieme ai pompieri simulando una fuga di gas. Nelle immagini si vede un paziente legato al letto con una catena. Ed è stato proprio questo episodio a suggerire agli inquirenti il nome del blitz “Catene spezzate”. La Procura ipotizza l’esistenza di un vero e proprio lager dove c’era chi veniva incatenato al letto per ore o chi veniva picchiato per avere mangiato le merendine. Chi, ancora, veniva costretto a mangiare i propri escrementi. L’indagine è partita dalle denunce di una ragazzina. Adesso, però, bisogna accertare se le testimonianze sono attendibili attraverso la valutazione neuropsichiatria di un esperto. 

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