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Estorsioni mafiose, due condanne e tre assoluzioni definitive

La Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di difesa e procura generale nell'ambito dell'inchiesta Ouster. Scagionato pure Pasquale Antonio Cardella, 65 anni, ritenuto il punto di riferimento di Cosa Nostra a Licata

Da una parte i difensori degli imputati che chiedevano di annullare le condanne. Dall’altra la procura generale che aveva impugnato le assoluzioni: per la Cassazione tutti i ricorsi sono inammissibili. La conseguenza è che la sentenza di appello del processo scaturito dall’inchiesta “Ouster”, che ipotizzava una serie di estorsioni mafiose ai danni di imprenditori, è diventata definitiva. Il verdetto, quindi, è di tre assoluzioni e due condanne. Non ha retto neppure l’ipotesi accusatoria nei confronti del licatese Pasquale Antonio Cardella, 65 anni, definito dagli inquirenti “il punto di riferimento di Cosa Nostra a Licata”. 

Condanna confermata definitivamente, invece, per Giuseppe Galanti, 58 anni, e Angelo Occhipinti, 62 anni, accusati anche loro di tentata estorsione all'imprenditore Francesco Urso (parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Scozzari) perché gli avrebbero imposto dei trasporti di inerti e perché avrebbero preteso una tangente di 40mila euro pari al 2 per cento del valore di una fornitura di calcestruzzo che, nel 2011, stava svolgendo con la sua impresa fra Riesi e Ravanusa.

In primo grado erano stati decisi sei anni e sei mesi per Occhipinti e sei anni per Galanti. Anche per loro, al processo di appello, era caduta l’accusa di avere imposto una fornitura di inerti a Urso. La condanna, di conseguenza, in appello era stata ridotta: 5 anni e 4 mesi a Occhipinti, 4 anni e 3 mesi a Galanti. I difensori, gli avvocati Giovanni Castronovo e Antonino Gaziano, avevano impugnato il verdetto ma la Cassazione ha dichiarato inammissibile anche il loro ricorso. Confermata inoltre l’assoluzione per il figlio di Pasquale Cardella, Giuseppe Claudio, 41 anni; e Giuseppe Cardella, 36 anni (nipote di Pasquale), accusati di due ipotesi di estorsione ai danni dello stesso Urso e dell’imprenditore edile, Michele Giorgio. 

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